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La formazione scientifica - oltre che filosofica e filologica - del giovane Leopardi è ormai un dato acquisito dalla critica che, a partire dagli studi di Pelosi e Antimo Negri, ha dato notevole risalto alle ricerche volte a sondare il ruolo delle teorie scientifiche sottese alle sue opere. Paradigmatici a questo proposito sono stati gli interventi di Casini (Leopardi apprendista: scienza e filosofia, in "Rivista di filosofia", 1998, n. 1), Di Meo (Leopardi copernicano, Demos, 1998) e i testi collettivi Giacomo Leopardi e il pensiero scientifico (Fahrenheit 451, 2001) e Leopardi e l'astronomia (Editoriale Progetto, 2000).
Gaspare Polizzi prosegue su questa fertile linea, dimostrando come la rappresentazione artistica della natura sia, almeno inizialmente, sorretta da un'articolata concezione scientifica di stampo newtoniano, e cerca di individuare quale immagine della scienza emerga, non solo dallo Zibaldone o dalla Storia dell'astronomia, ma già dalle prime Dissertazioni filosofiche e fino ai Canti. La prima parte del saggio, ricchissimo di indicazioni critico-bibliografiche e molto aderente ai testi, mira a evidenziare gli stretti legami che Leopardi stabilisce tra la gnoseologia e la teoria estetica del linguaggio, dal momento che "la storia delle lingue è poco meno (...) che la storia della mente umana" (Zib., 1134). A partire da questo assunto, Polizzi dimostra che nello Zibaldone il sistema newtoniano rappresenta il punto di massimo sviluppo delle conoscenze della natura ma, a differenza di quanto avveniva nei primi scritti, esso non è sufficiente a cogliere la realtà profonda dell'ordine del mondo: questo non solo perché "una piccoliss. idea confusa è sempre maggiore di una grandissima, affatto chiara " (Zib. 1464), ma anche perché il metodo matematico, geometrizzando la vita, sovrapponendole il rigore razionale, dissipa la bellezza e la variabilità insita nel sistema della natura.
La critica che Leopardi muove al linguaggio scientifico e all'uso dei termini apre la strada allo sfrangiamento dell'immagine meccanicistica del mondo che, già a partire dal 1820-21, egli non accetta più in toto. La gnoseologia leopardiana sarebbe allora tutta fondata sulla "contrapposizione netta tra astrazione matematica e razionale e concretezza del pressappoco". Pur richiamandosi spesso alla teoria newtoniana, Leopardi avrebbe scarsa dimestichezza con le opere sistematiche della filosofia moderna: non è un caso che, a partire dal 1820 e in modo più sicuro dopo il '25, la teoria di un sistema della natura, dove tutti gli elementi sono interconnessi in una rigida catena di necessità, si scontri con il principio di contraddizione che conduce inevitabilmente all'incomprensibilità del sistema; di qui - spiega Polizzi - il relativismo e la "visione allarmata e nichilistica della stessa natura".
Nella seconda parte del saggio, Polizzi cerca di sostanziare quest'ipotesi di un "sistema delle circostanze", facendo interagire il pensiero scientifico leopardiano con la moderna epistemologia (il contingentismo, il modello di Kuhn, la teoria dei sistemi complessi e dell'"effetto farfalla"). Circostanziale non è solo la peculiarità della formazione leopardiana e la struttura dello Zibaldone, "sospeso tra occasione e necessità", bloccato da un "insormontabile principio di incompiutezza"; lo stesso impianto della gnoseologia leopardiana risponde a questo fondamento e, pur rimanendo nell'ambito di un quadro di riferimento newtoniano, apre dei varchi a una visione contingente della natura in cui le circostanze casuali impediscono qualsiasi generalizzazione.
Quest'ultima è la sezione più originale e a tratti opinabile del saggio, che ha però il notevole merito di dimostrare come analisi scientifica e analisi linguistica siano inestricabili nella teoria della conoscenza leopardiana. Conoscere significa "render chiara (...) un'idea (...) mediante un proprio nome" e il progresso delle scienze non è dato tanto dalla scoperta della verità, quanto piuttosto dalla falsificazione delle conoscenze passate. Ecco perché lo scopo della filosofia è "trovar le ragioni della verità", e questo è possibile solo con la "speculazione de' rapporti" e col tentativo, destinato a rimanere frustrato, di costruire un "sistema".
C. Fenoglio
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