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L'interesse di questo libro per studiosi e appassionati è duplice: certamente le 73 lettere inedite scritte da Ettore Bertolè Viale ai fratelli Cesare e Francesco dal 30 aprile 1855 al 3 maggio 1856, ricchissime di osservazioni e notizie di prima mano della vita del Corpo di spedizione Sardo in Crimea, ma anche la lunga "Introduzione" dedicata proprio al Bertolè da Umberto Levra, che costituisce un profilo biografico di questo importante ufficiale giunto poi a posizioni di vertice dell'esercito italiano e della corte di re Vittorio Emanuele, fino a divenire a più riprese ministro della Guerra. Di particolare interesse le pagine dedicate al partito di corte, potente strumento della politica personale del sovrano, soprattutto in momenti di grave pericolo istituzionale, quale la crisi dell'autunno 1867 che sfociò nel governo Menabrea. In tale ministero, autoritario ed estraneo ad ogni logica parlamentare, Bertolè Viale fu titolare della Guerra, difendendone i bilanci dai tagli che si stavano profilando per le difficoltà economiche del Paese. Interessanti anche le pagine che pongono Bertolè accanto al generale Fanti e quindi sempre più distante da La Marmora e dal suo partito di ufficiali e ministri (Petitti, Genova di Revel, Pettinengo)fino al contrasto con Govone, lamarmoriano della prima ora ed espressione delle economie imposte nel 69-70 da Quintino Sella. Su questi argomenti soprattutto (contrasti fra le varie correnti di vertice delle forze armate, crisi dell'egemonia di La Marmora e dei suoi dopo la sconfitta di Custoza, determinazione del sovrano nell'influire sulla politica attiva attraverso militari o uomini di assoluta fedeltà fino al 1869 e oltre) il testo di Levra è davvero illuminante. Le lettere dalla Crimea arricchiscono il filone della pubblicistica e memorialistica che contribuì alla positiva immagine dei piemontesi in Europa, senza però dimenticarne i terribili disagi e le malattie sofferte che furono la principale causa di morte.
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