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Nel 1520-’21 Giovanni Rucellai era nunzio apostolico presso la corte di Francesco I, in un periodo di crisi acuta nei rapporti tra Roma e Francia, culminati in aperta rottura: per lui, fautore dell’alleanza tra i due Stati, il colpo non fu piccolo. Egli contava peraltro sul prestigio dell’incarico affidatogli come titolo di merito per rinnovare la sua candidatura al cardinalato. Invece, benché avesse servito lealmente due papi medicei – e forse proprio per questo: i Medici non gradivano che un personaggio di spicco per onestà e dottrina, e membro di una famiglia unita e potente, salisse troppo in alto, così da poterne contrastare il predominio in Firenze –, riuscì ad ottenere soltanto, nel 1523, la nomina a Castellano di Castel S. Angelo. La strategia di accesso al cardinalato, che non ispirava soltanto le pratiche di Giovanni, bensì quelle di tutta la sua famiglia, risultò dunque perdente. I documenti che qui si pubblicano, parte di editi e parte inediti, ai quali si dà il titolo onnicomprensivo di Lettere, sono dispacci diplomatici e lettere «familiari» che disegnato una vicenda pubblica ed una privata: accanto agli avvenimenti politici, di grande rilievo, discussi a distanza tra il nunzio e il suo temporaneo collega – lo Stafileo – da una parte e la cancelleria romana dall’altra, c’è un ampio intreccio di vicende particolari discusse con una rete di corrispondenti che s’indovina fitta: i reperti rimandano alle grandi Compagnie fiorentine di Lione, soprattutto, agli amici, ai familiari in Firenze e Roma. Fan capolino, in mezzo a lettere di cambio, personaggi come Giovanni da Terrazzano e Girolamo della Robbia. Il quadro, certo già noto nelle sue linee essenziali, ne risulta arricchito di tratti imprevisti e corretto in molti particolari.
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