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Anno edizione: 2002
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In queste lettere sull'educazione, Schiller riprende e critica l'approccio analitico di Kant, il quale aveva separato la dimensione della ragione pura morale dalle inclinazioni della sensibilità per enucleare il dovere per il dovere alla cui adesione la volontà fosse scevra da qualunque movente eteronomo, salvo il solo sentimento per il rispetto delle legge morale (per S. denominata impulso formale o più semplicemente Forma da distinguere dalla sensibilità denominata impulso fisico o naturale). Schiller non nega la giusta distinzione di questi due impulsi, ma critica il formalismo e il rigorismo di Kant, dal momento che una morale così intesa va a scapito dell'impulso sensibile dando vita a un uomo e a una società barbara di tipo borghese dove a governare è soltanto la razionalità, con una eventuale ribellione dell'impulso fisico dando vita a un uomo e a uno stato di natura selvaggio. A Schiller sta a cuore l'uomo onnilaterale che sia libera attività cosciente, che precorre il concetto marxiano di uomo nei Manoscritti del '44, come nota la bella introduzione di A. Negri. Ma perché ciò avvenga occorre ingentilire l'impulso fisico attraverso l'educazione estetica e solo così l'impulso fisico e quello formale possono compenetrarsi nell'impulso del gioco dando vita alla bellezza, in cui i due impulsi anziché limitarsi e contrapporsi si rafforzano a vicenda. L'educazione estetica si propone dunque un compito elevato, il cui fine da realizzare è sempre perfezionabile e mai raggiungibile, in qualche modo come il concetto di destinazione di Fichte. Per quanto riguarda le lettere sulla bellezza, Schiller non si discosta molto da Kant dalla bellezza libera ma insiste sulla sua oggettività, essa è la libertà nel fenomeno che si realizza secondo proprie regole in linea con la tecnica artistica. "La bellezza è già per Schiller la bellezza dell'oggetto reale e concreto…" Lukacs.
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