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Anno edizione: 2003
Anno edizione: 2005
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"Siamo onesti: la maggior parte di noi non è mai stata così bene". Con queste parole, pronunciate dal premier britannico Harold MacMillan nel 1957, Dahrendorf introduce i punti essenziali di una "politica della libertà". Secondo il sociologo tedesco, quella di MacMillan era una "verità comoda". Oggi è piuttosto una verità un po' scomoda. Lo stesso Dahrendorf non manca di affiancare alla frase dello statista inglese tre "però". Il benessere economico si associa a una maggiore felicità? E quanto durerà? Sarà mai appannaggio di tutti i cittadini del mondo, e non solo di una sua piccola quota? Questi interrogativi sono il sale di un liberalismo che non ha dimenticato la lezione di Kant e di Popper. Il presupposto di ogni ragionamento politico di Dahrendorf è del resto il seguente: il mondo è da sempre luogo di tensioni e conflitti, piccoli e grandi, benefici e malefici, perché è il regno delle possibilità. E proprio nelle chance di vita si racchiude il senso della libertà umana, che in sede politica va promossa, difesa e diffusa tramite i diritti positivi, la disponibilità di beni e le "legature". Queste ultime, ossia i legami sociali e i valori condivisi che cementano e orientano qualsiasi forma di convivenza umana, fioriscono laddove prospera una fitta e semianarchica rete di "associazioni pienamente libere e volontarie", cioè una genuina società civile. La democrazia non la si impone, ma la si favorisce nel tempo promuovendo iniziative dal basso e valori e costumi democratici. La si aiuta ribadendo il primato del diritto (rule of law) anche sul terreno internazionale, al di fuori delle singole sovranità statuali, e congegnando le legislazioni nazionali in modo congruo alle sfide che la globalizzazione pone all'economia e alla politica del pianeta. I primi chiamati a prendere iniziative giuste ed efficaci sono gli occidentali. Senza attività (etica e razionale) la libertà appassisce.
Danilo Breschi
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