Giacomo Debenedetti è stato un critico e scrittore italiano. Formatosi sulla critica crociana, se ne allontanò presto, attratto da forme di conoscenza che non fossero solo della tradizione letteraria: la psicoanalisi, da Freud a Jung, la sociologia, la fenomenologia, l’antropologia culturale. La ricchezza e la novità delle sue letture si tradussero in un’attività di critico che non si volle chiudere all’interno di un metodo: pronto ad analizzare, assieme ai simboli e ai miti degli autori, così come erano calati nella realtà delle opere, anche la propria soggettività di lettore, soprattutto di fronte ai testi più amati (Pascoli, Svevo, Tozzi, Saba ecc.). Professore di letteratura italiana nelle università di Messina e Roma, sceneggiatore «anonimo» (a causa delle leggi razziali) durante il fascismo, pubblicò volumi di saggistica (la prima serie dei Saggi critici è del 1929; la seconda del 1945; la terza del 1959) e libri di racconti e memorie politiche (Amedeo, 1926; Otto ebrei, 1944; 16 ottobre 1943, 1944); ma la sua fama è dovuta soprattutto agli scritti postumi, Il personaggio-uomo (1970), Il romanzo del Novecento (1971), Poesia italiana del Novecento (1974), Verga e il naturalismo (1976), Personaggi e destino. La metamorfosi del romanzo contemporaneo (1977), Vocazione di Vittorio Alfieri (1977), Pascoli: la rivoluzione inconsapevole (1979), Rileggere Proust (1982), Quaderni di Montaigne (1986).