(Parigi 1671 - Bruxelles 1741) poeta francese. Di modesta estrazione sociale, studiò presso i gesuiti, e Boileau lo avviò alla poesia. Spiritoso, moderatamente libertino, piacque alla società e ai salotti del suo tempo, fino a quando il parziale insuccesso delle sue prime composizioni liriche e teatrali non lo indussero a un sarcasmo aggressivo nei confronti dei suoi presunti avversari. Epigrammi, libelli vari e, nel 1710, dei couplets di particolare ferocia, infamanti e blasfemi, finirono col condurlo in tribunale e, quindi, all’esilio. Viaggiò allora a lungo, in Svizzera, Inghilterra, Olanda, Belgio, dove morì, dichiarando sempre la sua innocenza. La sua fortuna letteraria, dopo i primi insuccessi, fu notevole per tutta la durata del secolo, al punto che venne chiamato «il gran Rousseau». Fu autore soprattutto di cantate, epistole e racconti in versi, epigrammi, qualche commedia, ma le sue opere più note sono le odi, spesso di argomento religioso, di maestosa eloquenza. Famosa l’ode La cecità degli uomini del secolo (Sur l’aveuglement des hommes du siècle, tratta dal salmo 48); e notevole anche la cantata Circe (Circé).