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Premi
2004 - Golden Globe - Miglior attrice in un film commedia o musicale - Murray Bill
2003 - Mostra d'arte cinematografica di Venezia - Premio Controcorrente per la migliore attrice - Johansson Scarlett
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Immensa Sofia Coppola che ancora una volta suscita emozioni, sentimenti, turbamenti senza mai svelarli apertamente. La grandezza di questa registra sta proprio qui. La trama, di per sé, non ha niente di eccezionale se consideriamo che è semplicemente la storia di due persone che si incontrano per caso. Gli eventi presenti nel film non hanno niente di spettacolare, le vite dei personaggi non vengono mai esplicitate completamente. Resterà sempre in dubbio capire il senso, cosa non ci è stato svelato, tutto sempre essere incompleto e privo di fondamento, forse "perso nella traduzione"... eppure chissà come, chissà perché, ti ci senti trascinare in flusso di emozioni, è possibile capire quella sensazione di smarrimento e ricerca che confonde i protagonisti stessi. Senza una parola di troppo, forse con qualche parola in meno. Immenso Bill Murray, rivelazione stupenda della Johansson, da non perdere.
Con Lost in Translation (letteralmente “perso nella traduzione”, in tal caso un doppio senso che indica le parole che perdono significato nel passaggio da una lingua all’altra e la perdita del sé dei protagonisti), la figlia di Francis Ford Coppola rivela il suo tocco delicato nel seguire le vite dei personaggi, già lievemente accennato ne Il Giardino delle Vergini Suicide (1999), seppur partendo da un plot decisamente banale come l’incontro di due persone. Nella prima parte della pellicola, la perdita del sé è illustrata tramite il continuo gioco di specchi: spesso i due si ritrovano di fronte a uno specchio e si scrutano, quasi a voler cercare di conciliare il loro doppione andato perduto. La tematica dello smarrimento invece viene accentuata tramite la decisione di situare la vicenda nei corridoi di un albergo, talmente vasto che non fatica a ricordarci un labirinto; la stessa Tokyo viene mostrata tramite una stupenda fotografia e campi lunghissimi, quasi a rimarcarne l’immensità e l’inevitabile spaesamento.
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