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Acquistato decenni fa e "dimenticato" in libreria, l'ho letto "per curiosità" scoprendo uno splendido racconto. Bella la trama , piacevolissima la scrittura. Peccato che l'autore non ci sia più.
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recensione di Coletti, V., L'Indice 1996, n. 4
È la storia di un uomo saldamente convinto dell'importanza del denaro; che ne guadagna molto e molto ne perde.Col denaro vengono e vanno anche gli affetti, in ordine inverso nelle due parti di cui si compone il breve romanzo: nella prima, la ricchezza porta una moglie ricca, un'amante disponibile, molte soddisfazioni e la miseria fa perdere tutto; nella seconda, è invece la povertà a portare una donna sconosciuta (in realtà è anch'essa ricca ma non lo sa più, dimentica di un passato che le duole) e quando il denaro comincia a ritornare la donna muore, sì che il protagonista teme "di giungere al punto di non desiderare neppure il denaro" e "paventò di viaggiare nella vita senza più meta n‚ direzione".
Il libro abbozza personaggi interessanti sullo sfondo degli anni della prima guerra mondiale, vissuti di qua e di là dell'Atlantico dal protagonista, un italiano che il destino costringe, come recita il titolo, davvero "lontano da casa".Ma, forse, le ragioni per cui interessarsi a questo libro si debbono cercare altrove, fuori dai suoi risultati e dentro le tecniche che Ferrucci ha utilizzato per un progetto che, penso, voleva e certo doveva essere più ambizioso e approfondito.
La cosa che infatti colpisce, qui, è la presenza costante del narratore, che sembra mettere sul tavolo proprio e del lettore gli appunti per uno svolgimento del discorso, per una messa a punto di personaggi e situazioni che poi di fatto non si trovano. Il narratore dunque interviene a commentare i fatti e i comportamenti (per esempio a p.23: "È abbastanza notevole che in tutto quel tempo nessuno dei due si risolvesse a trovare un amante") e soprattutto accenna a sviluppi o a ricerche di cause che poi invece tralascia.
Ad esempio, uno dei personaggi, il tedesco Kurt, "delira quietamente nel suo ritorno a casa" e ragiona così bene "che vien voglia di stare ancora con lui".Ma Kurt è già arrivato e il narratore volge l'attenzione del lettore a chi sta ad aspettarlo nella casa; qui "lui non si volta perché tanto sa chi è entrata" (peccato questo femminile premonitore, non richiesto dalla grammatica!); "ma chi non fosse preparato all'apparizione rimarrebbe giustamente stupito: si tratta di Hanna!". Mentre dunque, dal punto di vista dell'economia del racconto, le cose si stanno radicalmente modificando ("Anche Kurt, a ben guardare, non è proprio come lo ricordiamo"), il narratore sostituisce i suoi dialoghi col lettore (quante domande in questo libro!) alle spiegazioni che gli deve: se Hanna, l'amante di Gregorio, il protagonista, si rivela ora anche l'amante di Kurt, ella tradiva l'uno o l'altro o amava entrambi?: "Non è escluso, non è affatto escluso!" chiosa il narratore, che, però, a questo punto, non dice altro e confessa la propria ignoranza: dal colloquio coi due non trapela nulla ed "è assai difficile indovinare" come stiano veramente le cose.
Mentre poco prima egli poteva seguire il filo delle intime riflessioni del personaggio, ora dichiara di sapere solo ciò che questo dice a voce alta, e quindi lascia perdere. Altrove, ipotizza una reazione nel protagonista che però, precisa subito, potrà verificarsi solo, ed eventualmente, in futuro, perché "un Gregorio che ragionasse così non somiglierebbe" a quello che sta descrivendo.Sono esposizioni di tecniche di fabbricazione che, un tempo, sarebbero forse rimaste tra gli appunti dello scrittore o sarebbero diventate concreta materia romanzesca.
Ora, esse sono dichiarate e suppliscono, in un certo senso, quell'articolazione narrativa che ipotizzano e che il romanzo invece non realizza. Ma in questo c'è un certo fascino intellettuale, una testimonianza di ricerca espressiva, indizio della persistente crisi del romanzo e dell'attesa di nuove risorse; e il lettore può stare, sia pure con qualche perplessità, al gioco.
Più perplesso resta, però, di fronte a qualche singolare sbavatura linguistica, trovando, ad esempio, che nel libro si parla di "un angolo dell'entratura" (entrata?) o si dice che "è dubitoso che egli abbia messo in atto ecc.", invece di "è dubbio" o si accenna a uno "stregamento" che è una stregoneria e a un dottissimo "trasmutamento" che è invece solo un banale "mutamento". Ma, forse, non sono scivoloni di un italiano imperfetto, ma la spia dell'italiano d'America, che è, come ben si sa, lingua viva, e sempre più libera da quella della madrepatria.
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