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Saga familiare non particolarmente avvincente. L'autrice scrive bene ma qui un po annoia.
Grande romanzo.Di quelli che,una volta preso il ritmo,vorresti che non finissero mai. Si perché il ritmo,all'inizio,è un po' indeciso,con salti temporali non sempre chiarissimi,almeno per me. Ma poi...Poi c'è il piacere assoluto della lettura.Una storia che non racconta niente di particolare se non le vicende di madri ,figlie,mogli in cui possiamo ritrovarci tutte noi donne cosiddette comuni.Donne con angosce,turbamenti,cedimenti,che continuano a portare avanti il loro progetto di vita familiare perché ,è questo il messaggio autentico del romanzo,nella famiglia si può trovare risposta e compimento ai tanti perché della vita. Ho amato moltissimo questo libro,lo rileggerò presto perché tante sfumature vanno colte con maggiore attenzione. Consigliatissimo agli amanti della bella narrativa italiana.
Quanto mi avevano entusiasmato i racconti di l'economia delle cose, tanto mi ha deluso questo romanzo. Storia piuttosto banale, soliti tradimenti, soliti rimorsi, soliti dolori. Forse se l'autrice ne avesse tratto un breve racconto l'impatto sarebbe stato diverse. Comunque la Varvello sa scrivere bene.
Recensioni
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C'era stato un libro di racconti, L'economia delle cose (Fandango, 2007; cfr. "L'Indice", 2007, n. 10), e tanto aveva convinto che all'autrice senz'altro si era assegnato il genere della narrazione breve come il suo più congeniale (in precedenza anche un paio di libri di poesia). Alla prova del romanzo, anziché deludere, come spesso in questi casi, riesce anche meglio.
In un paese alle soglie del bosco ci sono tre famiglie, le donne con i loro figli, gli uomini sullo sfondo, estranei, ogni giorno di più, alle esistenze delle loro mogli: come se per gli uomini il matrimonio fosse un compimento, un approdo, e per le donne solo l'inizio. Il marito di Matilde (la donna al centro del romanzo), nella prima scena lo troviamo impegnato nell'acquisto del terreno dove costruire casa e trasferirsi con la famiglia: sicuro del fatto suo, deciso; poi più niente, si spegne; quando per Matilde, invece, è da lì che tutto incomincia: i figli che crescono, le chiacchierate con le amiche. In un arco di tempo che dal 1969 arriva al 2006, nella dimensione domestica il mondo fuori, la Storia restano lontani con tutto quello che succede in mezzo: le preoccupazioni, i fatti gravi che fanno invecchiare prima del tempo e le piccole increspature, i dettagli perfino, che Varvello, come pochi, sa raccontare.
L'imprevisto, l'imboscata del destino, era presenza costante nei racconti, a sconvolgere la composta e ordinata serie di fatti che compongono una vita. Anche nel romanzo, a rendere più sconvolgente l'imprevisto, lo scarto irrimediabile, lo strappo, è l'ambiente in cui esso si produce, a prima vista il più protettivo e rassicurante: la famiglia. Se c'è un demone nella scrittura di Varvello, che ossessivamente ritorna, è quello del nido violato.
L'economia delle cose indicava l'ordine pre-esistente al caos; il nido, appunto, prima di essere violato. La luce perfetta del giorno rappresenta anch'essa una dimensione di rassicurante intangibilità, opposta al buio della notte, ovvero del male che insidia minaccioso dalle soglie del bosco il luogo, sullo sfondo, del romanzo: presenza oscura, limitare mai oltrepassato. Ma una differenza si coglie, nella seconda delle due opere, una lezione appresa dalla vita: al male si sopravvive, con il male bisogna convivere. E diventa racconto: di un ordine infranto, dopo, nei giorni, negli anni, lungo il corso di un'intera esistenza. E insieme, la consapevolezza matura per prendersi quanto di buono, quel poco, ci è stato concesso: la luce perfetta del giorno, su quella si può sempre contare davvero, il resto è esposto alla contaminazione del male, a un dolore di cui ignoriamo il senso.
"Ognuno di noi cerca semplicemente il modo migliore per resistere ai colpi che riceve", diceva un personaggio dei suoi precedenti racconti, e se c'è una frase che può caratterizzare le storie di Varvello è questa. A ciascuno la sua pena, la sua croce (e Croci è il paese in cui la vicenda è ambientata): a chi è toccato un padre che si è buttato dalla finestra, a chi un figlio che si è sparato, a chi una figlia fuggita di casa; e poi, per tutti, la malattia, il decadimento fisico, lo sgomento di certi momenti di abbattimento. Marcello D'Alessandra
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