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E’ un bel libro quello di Maria Bellonci su Lucrezia Borgia. Scritto con passione sulla base di una certosina ricerca documentaria finisce per rivoltare come un guanto la storia della penisola italiana tra il 1492 e il 1513, tra l’elezione al soglio pontificio di Rodrigo Borgia con il nome di Alessandro VI e la morte di Lucrezia. Alla storia di cui sono protagonisti solo gli uomini - i principi, i soldati, i loro capitani, i papi, i cardinali, persino gli operai, i contadini... - si sostituisce una storia di cui le donne sono, a pari titolo dei loro compagni, attrici e non solo vittime: è l’odio di Beatrice d’Este contro Isabella d’Aragona a convincere Carlo VIII a scendere in Italia, è Isabella d’Este che regge le sorti di Mantova mentre il marito Francesco Gonzaga è prigioniero, è lei che salva il fratello che inorgoglito dalle sue artiglierie decide di sfidare il papa, è Lucrezia che ama e che cerca di salvare gli uomini scelti per lei dal padre o dal fratello, è lei che alla fine sfugge ad entrambi e afferma la sua autonomia e il suo equilibrio. Così ai fili della trama del potere si aggiungono quelli più sottili ma non meno resistenti, della passione, della gelosia, dell’amore, della rivalità e alla fine ne escono trasformati anche gli uomini. Non necessariamente attenti alla cura dello stato o coraggiosi, alcuni indifesi di fronte alle grazie femminili, altri timorosi di riconoscersi inferiori alle loro donne, preda di passioni molto più che di calcoli politici. Alla fine della lettura si rimane con la convinzione, molto saggia, che la storia non sia animata e diretta da una provvidenza ma sia il frutto del caso che mescola passioni e poi finge che siano ragioni.
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