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Anno edizione: 2021
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«Imprescindibile per comprendere le dinamiche del contrabbando, del capitalismo criminale che si trasforma in economia legale e cinetica finanziaria vincente» - Roberto Saviano
«È appassionante letteratura civile, narrazione allo stato puro» - Giuseppe Genna
«Ci manca Alessandro Leogrande, scrittore di onestà intellettuale assoluta, di una generosità disarmante, rigoroso, colto, informatissimo, assolutamente privo di narcisismo, morto davvero troppo presto, proprio quando avevamo bisogno della sua voce che in quel momento stava diventando sempre più forte» - Angelo Ferracuti, la Lettura
Tra gli anni novanta e i primi anni duemila il traffico di sigarette nel basso Adriatico è stato un eccezionale laboratorio, grazie al quale la criminalità – non solo pugliese o italiana, ma internazionale – ha messo a punto un nuovo modo di delinquere, capace di fondersi e rendersi spesso indistinguibile dalla normalità “legale”. E Alessandro Leogrande lo aveva capito bene, tanto che, come spiega Gianfranco Bettin nella sua prefazione, “non è, questo, un libro di sociologia criminale, né un’inchiesta giornalistica (ancorché di questa abbia la leggibilità e la tempestività, e della prima abbia la capacità classificatoria e analitica). È, piuttosto, un convincente affresco storico e antropologico”. Con l’attenzione, la puntigliosità e l’umanità che contraddistinguono tutta la sua opera, Leogrande svolge la propria inchiesta raccogliendo informazioni e testimonianze, spulciando leggi e sentenze, intervistando politici, magistrati e “manovali” del contrabbando: emerge così tutta la complessità strutturale di un’attività illegale sulle cui rotte sono passate prima le sigarette, poi armi ed esseri umani.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Negli anni novanta, ad ogni angolo della strada di qualsiasi città del sud Italia, c'erano le “bionde”. Su bancarelle arrangiate, o negli androni seminascosti dei quartieri popolari, a vendere le sigarette di contrabbando potevi trovare tanto il “padre di famiglia”, in cerca del fatidico milione di lire mensile per poter campare, quanto l’extracomunitario o molto spesso anche dei bambini: stecche di sigarette delle marche più note, senza il timbro dei Monopoli di Stato, piazzate a qualche centinaio di lire in meno rispetto al prezzo ufficiale. Ma quello era solo “l'ultimo miglio” di un sistema ramificato e perfettamente organizzato che Alessandro Leogrande - vicedirettore del mensile “Lo straniero” e collaboratore de “Il Riformista”, “Il Corriere del Mezzogiorno” e de “L'Unità” - cerca di spiegarci nel suo saggio “Le male vite: storie di contrabbando e di multinazionali”, straordinario reportage uscito nel 2003 ed ora riproposto dalla casa editrice Fandango. Il saggio di Leogrande descrive con minuzia i meccanismi complessi che il sistema ha generato nel giro di pochi anni, interfacciandosi e diventando linfa vitale per altri traffici come quello di armi, droga e persone (restando però il traffico più remunerativo), ma soprattutto dando il via alla nascita di una criminalità sempre più capace di relazionarsi con il grande capitale internazionale. Le nuove mafie si muovono lungo la linea a tratti sbiadita che separa l'economia legale da quella illegale, e lo fanno traendo enorme vantaggio sia dalla fragilità delle misure di controllo nazionali, sia dal liberismo dissennato propugnato dalle multinazionali più potenti che vorrebbero sempre meno lacci alle transazioni finanziarie.
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