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Conosciamo il significato delle parole che usiamo? La domanda sembrerebbe oziosa: certo che sì. Forse è vero per le parole che designano oggetti concreti, ma più ci allontaniamo dal concreto e ci indirizziamo verso l'astratto più le cose sembrano essere meno chiare del previsto. Ad esempio: siamo proprio sicuri che sapremmo definire correttamente che cosa siano il tempo, la verità, la giustizia, la felicità e via discorrendo? Chi ha un minimo di dimestichezza con la filosofia antica sentirà puzza di Socrate e di Platone, i cui primi dialoghi sono tutti incentrati sul tentativo di definire gli astratti. Fuochino. Vi siete avvicinati, perché il libro in questione è opera di un illustre antichista, Luciano Canfora, che tuttavia qui indossa, come non di rado negli ultimi anni, i panni di storico delle idee politiche, la sua seconda natura. E scrive un agile libretto nel quale, in meno di ottanta pagine, prova a tracciare, con mano a mio avviso felice e sicura, una sorta di breve storia del concetto di "libertà", parola usata e abusata ai giorni nostri - e non solo - senza sapere (o fingendo di non sapere) che usarla significa adoperare un termine poliedrico, affascinante e tremendamente sfuggente. Special guests, tra gli altri, del libro - tanto per darvi un'idea - Croce, Mussolini, Gramsci, Erasmo da Rotterdam, Verga, Rousseau, Sallustio, Cicerone, Spartaco, Erodoto, Marx, Constant, Tocqueville. Insomma, ce n'è per tutti i gusti. Consigliato, straconsigliato, consigliatissimo, illuminante, come quasi sempre Canfora. "Da un lato, dunque, la marcia dei diritti, che non sembra mai avere soste; dall'altro forme sempre più sofisticate, esteriormente democratico-parlamentari, di potere oligarchico. Fino a che punto questa patente contraddizione sarà contenuta entro una normale dialettica e come non temere che porti a nuovi traumatici attriti?" (pp. 71s.) Fuor di metafora: non è che ormai democrazia, libertà e uguaglianza sono il vestito bello dell'eterna oligarchia?
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