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Anno edizione: 2019
Anno edizione: 2019
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«E sempre Marie aveva parlato con quella voce, sempre si era ostinata a dire, pacatamente, tutte quelle cose che alla gente non piace sentirsi dire. Forse perché era brutta e strabica?»
Marie qui louche è un romanzo pubblicato in Francia nel 1952, tradotto in Italia nel 1963 da Mondadori, divenuto introvabile e ora finalmente riproposto da Adelphi.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Ciò che mi ha colpito di più di Marie, la protagonista, é il bisogno di riempire i suoi vuoti osservando la vita di Sylvie. In un tempo in cui essere svantaggiate nell’aspetto significava, per una donna, rimanere ai margini di una vita piena, Marie, tra ammirazione e condanna, spia l’esistenza dell’amica bella, disinibita e scaltra. Attraverso lei, Marie sogna ciò che non ha, a cui non può ambire, che non ha lo slancio per desiderare e conquistare per sé. Davvero interessante il meccanismo di dipendenza che crea Simenon, e di come lo sviluppa nel tempo: le protagoniste sembrano due, legate da un vincolo sottile, tenace e malato. Certo, Simenon, ancora una volta, non lascia spazio di riscatto ai suoi personaggi. Le loro ambizioni si limitano al raggiungimento di un benessere ottenuto senza merito, con l’inganno. Restano dunque personaggi squallidi e meschini, capaci solo di diventare peggiori. Per questi aspetti, l’ho trovato un altro ottimo romanzo. Meno convincente, per me, la seconda parte, con dialoghi troppo macchinosi che rallentano il ritmo di eventi che portano al finale. Finale che non si smentisce, in perfetto stile Simenon: tossico e asfissiante.
Penso che sia uno dei migliori scandagli psicologici di Simenon. Sylvie e Marie non sono amiche perché il loro è un legame contorto e disfunzionale all’insegna di una disperata solitudine. Questo è chiaro fin dall’incipit. Una lettura consigliatissima tutta al femminile che ricorda "Il servo" di Losey.
Marie e Sylvie sono amiche d’infanzia. Condividono una stanza in una pensione, dove lavorano come cameriere stagionali prendendosi cura l’una dell’altra. Sylvie sogna di trasferirsi a Parigi e diventare ricca, lasciandosi alle spalle povertà e soprusi che segnano la loro esistenza. Marie la seguirà. Le due ragazze perseguono l’obiettivo dell’indipendenza seguendo strade diametralmente opposte: Sylvie, avvenente e spregiudicata, è determinata a ritagliarsi un posto nell’alta società imponendosi nella vita di uomini benestanti; Marie, goffa e strabica, è invece devota al lavoro e vuole vivere contando solo sulle sue forze, anche se questo dovesse comportare rimanere “serva” per tutta la vita. Inevitabile sarà il distacco delle due una volta raggiunta la capitale ma, nonostante la separazione, il patto stretto in giovane età fra le due donne rimarrà comunque più vivo che mai e farà valere tutti i suoi effetti anni dopo, quando le due donne si incontreranno nuovamente e avranno ancora bisogno l’una dell’altra. Marie la strabica è una bella storia di riscatto sociale e amore fraterno, in cui due donne lottano, ciascuna con i propri mezzi e le proprie capacità, per liberarsi dai vincoli che la nascita in un contesto sociale sfavorito ha imposto loro.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Due terzi di secolo fa apparvero nelle librerie Sylvie e Marie, ennesime creature di carta di Georges Simenon. Una mantenuta e potenziale ricca ereditiera e l’amica-serva di una vita, nonostante tutto, che probabilmente non avrebbe rinunciato per nulla al mondo a pettinare i capelli biondi dell’altra ogni giorno: affrontano la povertà della gioventù e in genere la vita, in modi diametralmente opposti, sfrontata la prima, responsabile e saggia Marie. Scrive del cuore dell’Europa e soprattutto del nucleo dell’umanità, Simenon, e lo fa dagli Stati Uniti, nel caso di questo Marie la strabica (192 pagine, 18 euro), pubblicato come sempre da Adelphi, tradotto dalla decana Laura Frausin Guarino.
Quando dalla provincia giungono a Parigi, Sylvie, prosperosa, ambiziosa e calcolatrice, inizia una scalata sociale che aveva nell’anima e in testa da sempre, la brutta Marie invece non fa voli pindarici, galleggia nella mediocrità, s’accontenta come può. Progetti di vita opposti, per donne che faranno presto a perdersi di vista, per lungo tempo, nella metropoli francese. Simenon segue questa specie di amicizia, che si nutre principalmente di sogni mancati, dai primi passi: sono vicine di casa, compagne di scuola, nei primi anni Venti cameriere ai tavoli di una pensione familiare, quella del signor Clément, a Fouras. Ciascuna a modo suo, Sylvie consapevole del potere del suo corpo e della sessualità, Marie spaurita e dedita quasi religiosamente alla fatica. Fino alle conseguenze estreme, più di una volta. A cominciare da un furto indotto da Sylvie che porterà a un suicidio, quello di Louis, ragazzone con un ritardo mentale, che cede a più di una provocazione.
I periodi compressi ma più che significativi della prosa di Simenon scintillano anche in questo romanzo, frasi spoglie ed essenziali che tengono desto il lettore, coinvolgendolo, illustrandogli gli arazzi dell’animo umano, tutto ciò che è sommerso e invisibile agli occhi. Non servono troppe parole al genio belga o aggettivi superflui per indagare due tipi femminili complementari: la rassegnazione e il pessimismo di Marie, l’ambizione e l’egoismo dell’amica che non esiterà a tradirla (seducendo perfino un timido contabile che aveva invitato al cinema l’amica) avrà sempre bisogno di lei, anche quando – siamo alla metà degli anni Quaranta – si incontreranno di nuovo dopo parecchi anni e Sylvie le chiederà una mano: vicina a ereditare il patrimonio del ricco produttore di scarpe Omer Besson, uomo che ha conquistato e che è consumato da una malattia, ha bisogno della compagna di sempre, che però si rivelerà davvero per quello che è. Sorprendentemente. Per un epilogo che in qualche modo ribalta i ruoli.
Quella che a lungo può sembrare la protagonista è lentamente esautorata. La forte carnefice (meno impudica, un po’ stanca e dipendente dalla bottiglia) e la debole vittima, che sembra non emanciparsi mai dalla prima, sembrano troppo definite per scambiarsi i ruoli, eppure Simenon – maestro d’atmosfere e di psicologie – calibra la complessità del loro rapporto in modo impeccabile. Ripesca queste due provinciali, fedeli l’una all’altra nonostante distanze abissali, dopo decenni e ne stravolge le strade.
Recensione di Micol Treves
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