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I due saggi qui riuniti offrono al lettore, sulla scia delle indicazioni filosofiche di Heidegger, Severino e Baudrillard, una animosa e motivata critica dell’oggi, della sua progressiva disumanizzazione, del suo arrendersi al dominio economico e ideologico del potere. Prendendo le mosse da un’acuta interpretazione del mito di Narciso, Fiorillo analizza come la soggettivazione innamorata di sé precluda il riconoscimento dell’altro e il confronto con la realtà, immobilizzando il narcisista in una fragile e sempre negativa autoreferenzialità, incapace di empatia e contemporaneamente dipendente da un’illusione di onnipotenza. Tale abbaglio si riflette nell’egemonia contemporanea della tecnica, certa di poter abolire dolore, malattia e morte creando artificialmente un ambiente di asettica perfezione, in cui tuttavia l’individuo perde sia la capacità di interagire con gli altri, sia la sua peculiare insostituibilità, convinto a rinunciare a rapporti affettivi più profondi e a valori quali la saggezza e la solidarietà, considerati desueti e inutili. «L’uso costante dell’apparato tecnico riduce le condotte personali a comportamenti standardizzati dal funzionamento delle macchine e dalle procedure richieste dalla rete delle connessioni tecniche, cosicché l’individuo diventa nel suo agire un esemplare del tutto intercambiabile». In questo aggrapparsi individuale al «flusso del nulla», in cui riveste più importanza ciò che si ha e si può mostrare di ciò che si è, l’umanità si de-realizza, adeguandosi a un modello sociale mercantile, assumendo comportamenti concretistici, concentrati su una fattività esteriore e su pratiche contingenti, che difendano da un’esplorazione dell’interiorità e da relazioni interpersonali più autentiche e profonde. La sola reazione possibile è quindi la riscoperta delle emozioni, “un po’ di volontario anacronismo”, e il rifiuto di collaborare al meccanismo economico di un potere fagocitante, appiattito sul profitto e sul successo.
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