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Ci sono opere che segnano degli spartiacque metodologici e critici irreversibili. L'edizione critica di Pirandello, voluta e diretta da Giovanni Macchia, inaugurata nel 1973 con i Romanzi, è una di queste. Attualmente abbiamo a disposizione quasi l'intero corpus: due volumi di romanzi, tre di novelle, uno di lettere a Marta Abba, un album fotografico e tre volumi sul teatro, mentre si attendono i saggi a cura di Ferdinando Taviani e resta nel limbo il resto dei carteggi (disponibili in varie raccolte sparse) e la produzione poetica. Questo misterioso padre delle nostre lettere, tuttora venduto e rappresentato in modo quasi sconcertante (vista l'oggettiva e datata complessità di molti aspetti della sua opera) ha trovato in d'Amico e Tinterri due curatori esemplari di un corpus drammaturgico ormai, con questo terzo volume, quasi in dirittura d'arrivo. La filologia dei testi teatrali impone rigori metodologici e flessibilità critiche molto specifiche: bisogna districarsi fra cronaca e storia in una ricerca indiziaria di elementi molteplici e disparati, ricostruire una variantistica sussultoria e spesso fortemente condizionata da una serie di fattori (cast, piazze, censure, traduzioni e riscritture, dibattiti giornalistici) difficili da valutare e persino da riconoscere. Sono processi compositivi in cui filologia e critica vanno a braccetto con molta storia cosiddetta materiale e solo una prospettiva rigorosamente multifocale (come quella qui adottata) consente di orientarsi. Questo terzo volume affronta la produzione dei pieni anni venti, dalla Signora Morli una e due a La nuova colonia, cioè quel lungo e operoso periodo di lavoro in cui il drammaturgo raccoglie i frutti dell'enorme successo dei Sei personaggi, che gli consente di scoprire le grandi regie europee, inducendolo a farsi a sua volta metteur en scène di se stesso nella breve e fervida esperienza del Teatro d'arte dal 1925 al 1928. I testi sono accompagnati, come sempre, da un imponente e prezioso paratesto: una cronologia documentaria molto analitica (1923-1928) e un apparato di introduzioni e di note che tesse la storia compositiva e scenica dei drammi nella complessa rete delle edizioni e in rapporto al contesto della cultura europea che il Pirandello di quegli anni andava scoprendo tumultuosamente oltre gli orizzonti della provincia italiana.
Marzia Pieri
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