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E' il terzo libro che leggo di questo curatore; per chi è abituato a conoscerlo, si ritroverà nella scrittura sottile, veloce e astuta, che lo contraddistingue da sempre. Un testo sottotono rispetto a "Si crede Picasso" o "Lo potevo fare anche io", ma ugualmente di forte impatto. A differenza di altri libri questo è un concentrato dedicato a uno degli artisti più provocatori (o assurdi) del panorama dell'arte contemporanea. Quello che viene fuori, però, è un lato diverso di Maurizio Cattelan: certo ironico, bistrattato e autoironico, ma soprattutto delicato. Leggere il testo vuol dire scoprire la sua tenerezza infinita verso le cose, l'importanza di certi suoi meccanismi psicologici, l'imprevedibilità degli atti dovuti al suo background familiare e interpersonale. Come la fetta di pane e margarina intinta in una tazza di latte e caffè proustiana : una delle poche certezze che ha, assieme alla paura, e ai tentativi di fuga dopo aver pensato/realizzato opere a poche ore dall'inaugurazione di una mostra. Non è un libro da considerare rivoluzionario, ma è un testo che cattura il lettore e lo fa ridere più volte, e lo fa riflettere su alcuni giochi del sistema dell'arte contemporanea.
Maurizio Cattelan, chi era costui? Parafrasando il grande Don Abbondio, si potrebbe dire la stessa cosa di Cattelan. Nel senso di sapere se è veramente un grande artista o un grande provocatore, uno che ha preso gusto a guadagnare bene a spese di una serie di cialtroni che comprano le sue opere. Da questa autobiografia del suo amico Bonami non si riesce a venirne a capo. L'unica cosa sicura è che una buona dose di pazzia (o diversità, chiamiamola come vogliamo) nella sua testa c'è. E da questo nascono opere che continuano a provocare polemiche anche dopo anni. Il discorso si potrebbe poi allargare a tutta una serie di colleghi di Cattelan, quelli che sempre Bonami definisce: ero capace anch'io di fare quella cosa, quelli che si divertono (e guadagnano) a prendere in giro la gente.
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