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Il professor Guido Rossi torna a far parlare di sé con un nuovo libro dedicato ai mercati azionari che ha subito catturato l'attenzione dei professionisti e dei lettori interessati agli sviluppi dell'economia moderna, suscitando un animato dibattito. Ultimo capitolo di una trilogia incominciata con Il conflitto epidemico e proseguita con Il gioco delle regole, questo nuovo saggio è stato scritto "di getto" per ammissione dello stesso autore, che sottolinea come, di questi tempi, l'argomento sia di grande attualità. Un tema irrinunciabile per chiunque, non solo per giornali e televisioni, ma anche per gli uomini comuni costantemente alle prese con le conseguenze delle manovre e delle strategie, note e meno note, lecite e meno lecite, che muovono l'economia internazionale. Il giurista milanese, che ha ricoperto cariche di rilievo, tra cui presidente della Consob e commissario straordinario della Federazione Italiana Gioco Calcio all'epoca dello scandalo di Calciopoli, intraprende un'analisi che individua le caratteristiche, i meccanismi e le tendenze dei mercati e le illustra con un linguaggio chiaro e accessibile anche ai non addetti ai lavori.
Rossi parte da una constatazione in sé paradossale e "sconcertante": «il mercato finanziario sembra crescere negando i suoi stessi presupposti», ma non solo: «si fonda su una catena di pregiudizi e autoinganni». Insomma la finanza di oggi tradisce la democrazia societaria e la creazione di valore e pone tra i suoi scopi primari salvaguardare l'interesse di grandi imprese e grossi investitori, le crisi e le bolle speculative crescono. Ma qual è il ruolo della politica in tutto ciò? La politica non indirizza l'economia, secondo l'autore, ma «le obbedisce senza discutere». In un mercato come questo le regole sono imposte dalle grandi corporazioni anziché dal legislatore, questo il punto su cui insiste l'autore che denuncia come ciò abbia «provocato tante e tali crisi da costringere i legislatori, o le autorità da loro delegate, ad assumere il ruolo di curatori fallimentari». Eppure è proprio in materia di mercati finanziari che il diritto è chiamato a pronunciarsi - insiste Rossi - perché solo quest'ultimo è in grado di far fronte agli interrogativi e ai problemi che pongono con sempre maggior frequenza la globalizzazione e le crisi del capitalismo finanziario. A tale proposito ecco due esempi tra le varie proposte avanzate dall'autore: il divieto della vendita di prodotti che «il risparmiatore sprovveduto viene invitato ad acquistare da banche poco affidabili o intermiedari senza scrupoli: i derivati, gli strutturati, i collaterali e così via», e, per quanto riguarda l'Unione Europea, la presenza di «un'autorità europea di vigilanza sui mercati finanziari
la Ue si è dotata di una normativa antitrust, non si vede perché non dovrebbe sapere disciplinare i propri mercati finanziari». L'unica speranza è dunque che il pensiero giuridico si pronunci in un ambito che appare ora totalmente «deregolato», evitando così che il mercato finanziario globale si sviluppi senza alcun contatto con l'economia reale.
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