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«Ricorrenti sono la solitudine, la malinconia, la disabilità fisica o l'ambiguità nel separare il falso dal vero. E dove di sicuro rivive la tradizione argentina con le sue atmosfere magiche e superstizione, le premonizioni» - Robinson
La scrittura di Bermúdez è colta e articolata, e cela un'architettura complessa, fatta di crepe, «interstizi di assurdo» che minano lo stesso linguaggio. Immergersi in queste storie è diventarne protagonista, esserne risucchiati, restarne aggrovigliati, viverle in prima persona. Fernando Bermúdez è un maestro nel mescolare le carte, giocare con l'indefinito, creare orditi e intanto entrare nelle trame dialogando col lettore, che ne diventa così personaggio attivo. Leggendo, ci inoltriamo tra «sentieri che si biforcano», finzioni e realtà vagheggiate. I piani temporali sono stravolti, i punti di vista e le prospettive in continuo movimento. L'esperienza che ci regalano questi racconti è un viaggio in noi stessi, l'accensione dei sensi e dell'immaginazione. La scrittura labirintica ci fa riflettere sul destino, sul tempo, sull'amore, sulla circolarità dell'esistenza.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Ho letto con molto coinvolgimento i racconti di questo autore argentino tradotto per la prima volta in Italia. Li ho trovati suggestivi e scritti con una prosa poetica molto elegante. Chi ha avuto modo di leggere i grandi autori della letteratura Argentina troverà qui eco, omaggi e riferimenti colti. Consiglio di non perdere l'occasione di avvicinarsi a questo nuovo autore.
Sono rimasta molto colpita da questi racconti. Profondi, esistenziali, coinvolgenti. L'autore è argentino ed è la prima volta che viene pubblicato in Italia. Ringrazio l'editore Spartaco per averci regalato tanta bellezza.
Recensioni
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I dati di questo secondo, parziale lockdown, per quanto non drammatici quanto quelli del primo, in cui l’intero mercato librario era stato delegato agli store online, confermano una tendenza: senza fiere, festival, eventi e presentazioni, le novità letterarie soffrono molto. Fatto se vogliamo naturale, fin ovvio, ma esistendo in Italia una ricorrente vulgata che le vorrebbe “inutili”, vale la pena sottolinearlo. E varrà parimenti la pena parlare delle novità letterarie valide, che pure ci sono, e buone, frutto della capacità di ricerca di case editrici indipendenti grandi e piccole.
Un libro che trova un dialogo stretto, ancorché imprevisto, con un’altra raccolta di racconti in cui, parafrasando il titolo della postfazione, “la scrittura scrive se stessa mentre si guarda scrivere”. Una simile mise en abyme può già suggerire al lettore avveduto dove ci siamo spostati: nel paese che Borges rese per sempre patria di specchi e labirinti. L’Argentina, naturalmente, che a differenza dei paesi Baschi ha sempre avuto una buona rappresentanza in Italia, grazie a giganti come Cortázar, Rulfo e Sábato, oltre allo stesso Borges e ai suoi sodali Bioy Casares e Ocampo, che hanno tenuto le porte aperte per molti connazionali, non ultimi gli “amici di Bolaño” Alan Pauls (catalogo SUR) e Rodrigo Fresán, il cui romanzo-mondo La parte inventata è stato recentemente pubblicato da LiberAria. Arriva adesso, grazie a Spartaco Edizioni, quello che potrebbe essere definito il più sconosciuto grande autore argentino: Fernando Bermúdez, che ci ha messo del suo nel creare l’aura di oscurità che lo avvolge, dato che dopo aver pubblicato – stavolta siamo a metà anni 90 – la propria promettentissima opera d’esordio, la raccolta La metà del doppio, e aver vinto con essa il premio Cortázar e il premio Rulfo (rieccoli!), si è trasferito in Svezia e non ha più pubblicato niente. Sono quindi proprio i sette racconti La metà del doppio che Spartaco Edizioni ha portato in Italia, nella cura di Giovanni Barone, che firma anche la postfazione. Un maestro mancato? È possibile, e chissà che i prossimi anni non ci diano un romanzo di Bermudez: qualcosa avrà pur scritto in questi decenni…
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