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I capitoli di cui si compone il librio si susseguono secondo uno schema che è quello dell'approfondimento di un problema che ogni capitolo si trova a fronteggiare per sviluppare il discorso sul rapporto tra filosofia e politica. I più interessanti sono il primo, nel quale si critica la pretesa di una "filosofia politica", quello su Althusser e, da un punto di vista più letterario che filosofico, il capitolo dedicato alla controrivoluzione termidoriana. Questo percorso intellettuale serve a mostrare che la politica deve essere colta dalla filosofia come luogo di pensiero autonomo, rispetto al quale il filosofo non può che trarre conseguenze sul piano filosofico. La politicsa pensa, mette cioè in opera quella che Badiou chiama procedura di verità rispetto alla quale il pensiero filosofico non può ricoprire la funzione di giudice, ma semplicemente quella di "registratore" della possibilità della procedura di verità stessa. Per fare ciò la filosofia utilizza un nome, un concetto che è proprio della filosofia e non della politica in atto: questo nome è uguaglianza. Due conseguenze: non esiste nulla come la filosofia politica, che, al massimo, è la figura di una filosofia particolare sotto condizione di una politica particolare (quella parlamentare); l'unica politica degna di questo nome è quella egualitaria, cioè una politica che la filosofia può sussumere sotto il concetto di eguaglianza esponendola così all'eternità (senza che questo cancelli il carattere necessariamente situato, nello spazio e nel tempo, di ogni politica reale e dei suoi effetti). Si tratta di un testo che ha la funzione di introdurre all'universo di Badiou a partire da una tematica, quella politica, che occupa uno spazio preponderante all'interno della sua opera. Resta naturalmente il fatto che il discorso qui portato avanti ha delle basi ontologiche che, per essere acquisite, richiedono la lettura dell'opera capitale dell'autore, L'essere e l'evento.
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