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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Un libro coinvolgente e abbastanza veloce da leggere. Devo dire che leggendolo mi sono emozionata abbastanza e credo di volerlo rileggere. Un bambino che a causa di varie vicende finisce in orfanotrofio, un luogo comunemente triste, ma grazie alla compagnia degli altri bambini vive emozionanti avventure. Credo che lo dobbiate leggere, soprattutto gli adulti
Quando ho iniziato questo libro stavo cercando una lettura leggera. Ecco, non era propriamente così leggero come credevo. Il narratore è un bambino che per una serie di sfortunati eventi finisce in affidamento e mi ha colpito molto come l'autore sia riuscito a immedesimarsi così bene nonostante la differenza d'età. Non tutti gli adulti ricordano com'è essere bambini, consiglio questo libro soprattutto a loro.
Recensioni
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Una fiaba moderna, una storia tanto tenera quanto commovente quella scritta e raccontata da Gilles Paris e messa su pellicola da Claude Barras. Un soffice manto di neve candida che si posa come una carezza su tutte le macerie sulle quali la gente s’affanna senza fermarsi a riflettere.
È da quando sono molto piccolo che voglio uccidere il cielo, per colpa della mamma che mi dice sempre: - Il cielo, Zucchina mia, è grande per ricordarci che noi, qua sotto, non siamo un granché. La vita assomiglia al cielo con le sue schifose nubi che pisciano solo infelicità. Dunque, che ci restino. Come quell'imbecille di tuo padre, che è partito per fare il giro del mondo con una gallina.
A volte la mamma non sa quello che dice. Ero troppo piccolo quando il papà è partito, ma non vedo perché avrebbe dovuto portarsi la gallina del vicino per fare il giro del mondo. La gallina è stupida: beve la birra che mischio alle sementi e poi barcolla fino al muro prima di finire a terra.
E non è colpa sua se la mamma racconta stupidaggini simili, ma di tutte quelle birre che beve mentre guarda la tele. Sbraita contro il cielo e mi picchia anche se non ho fatto niente. E alla fine penso che il cielo e le botte vanno insieme. Se uccido il cielo, la mamma si calma e io potrò guardare tranquillamente la tele senza prenderle di santa ragione.
Zucchina ha 9 anni. È un bambino e il suo vero nome è Icaro, come il personaggio della mitologia greca volato via per scappare dal labirinto, allo stesso modo del padre, fuggito alla scoperta del mondo in compagnia di una “gallina”. Accanto a lui solo la madre, menomata da un’incidente, alcolizzata e con una pistola nel cassetto. E sarà proprio quella pistola a cambiare la vita di Zucchina, perché un giorno, cercando disperatamente di coinvolgere in un gioco la madre assorbita dalla televisione e inchiodata sul divano, un colpo parte accidentalmente e tutto si stravolge.
Zucchina viene trasferito in una casa famiglia e per la prima volta nella sua vita, dopo un’infanzia negata, inizia a vivere.
A Le Fontane il piccolo Icaro scopre che la vita non è uno scrigno di solitudine nel quale rinchiudersi ma anzi può contenere sentimenti ed emozioni fino ad allora mai provate. Zucchina scopre così l’amicizia, quella vera, da bambini, fatta di divertimenti, litigi e una solidarietà autentica, con chi, come lui, dal cielo ha ricevuto solo pioggia senza riuscire mai ad essere accarezzato dal sole.
E poi arriva Camille. «Penso a lei, anche quando lei c’è. Quando mi guarda divento più rosso di una fragola»
E Zucchina si rende conto di come anche nella routine triste e sconsolata di ogni giorno, possano nascondersi delle gioie tanto naturali quanto inconsapevoli. Perché andare in montagna e battagliare con le palle di neve, oppure vedere, strabuzzando gli occhi e piangendo di gioia, per la prima volta il mare (immenso, più di quanto poteva contenerne la tv), se fatto insieme a chi, non per sua scelta, condivide le tue sfortune diventa una cosa meravigliosa.
Una storia dolcissima, una fiaba reale, che dalla realtà cruda e difficile di storie figlie di droga, alcolismo e maltrattamenti, spalanca le sue braccia verso una seconda possibilità, aperta a tutti, e che nel caso del protagonista ha un grosso pancione molle, dei buffi peli bianchi sulle orecchie e il più bello e rassicurante dei sorrisi.
Una storia che grazie alle abili sceneggiature di Cèline Sciamma e la sapiente e paziente regia di Claude Barras è diventata un lungometraggio in stop motion premiato al Festival di Annecy come miglior storia d’animazione.
- A cosa pensi? – chiedo.
- Ai bambini che hanno dei veri genitori e che adesso sono con loro.
Mi guarda e preferivo quando era nel paesaggio.
- Veri o finti, chissenefrega, Camille. Quello che conta è essere amati, no?
- Non è uguale.
- Sai, a volte, sogno che sono ancora con la mamma. Non ho frugato nel cassetto, non ho giocato con la pistola. Lei parla sempre alla tele e io sono tutto solo. Posso giocare alle biglie con il grosso Marcel o con Gregory e posso invidiare il figlio del vicino che parla con i maiali, ma non dura molto e non so cosa fare quando sono in casa. Un giorno, sono grande e vado a lavorare in fabbrica e quando torno servo le birre alla mamma e guardiamo la tele fino a tardi e non ci addormentiamo mai nei nostri letti, ma sul divano, e sono contento di risvegliarmi e di sapere che ho frugato nei suoi cassetti.
Recensione di Andrea Papa
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