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Il viaggio raccontato in questo libro tocca i siti archeologici e le città più importanti dell'Egitto antico e moderno compresi fra Alessandria e la seconda cataratta; la scrittrice che parla di sé in terza persona e la sua compagna citata con la sola lettera L. compiono in quattro mesi un percorso che è anche un'iniziazione. Amalia B. Edwards è infatti una delle prime rappresentanti dell'egittologia moderna ed è proprio grazie a questo primo viaggio del 1873 se si appassionò alle antichità e allo studio della civiltà egizia. Il libro ne dà conto secondo una progressione scandita dal ritmo delle visite alle rovine. L'acutizzarsi della sensibilità dell'egittologa va di pari passo con il crescente interesse nei confronti della popolazione locale. Pur con superiorità ironia e sussiego tutto britannico gli egiziani compaiono fra i protagonisti di questa narrazione come cornice pittoresca che vive ai bordi del Nilo solcato dalle Dahabeye dei turisti europei ma anche come umanità ferita sottomessa e piegata che sopporta orgogliosamente un potere irragionevole e opprimente. Non compare invece così come si vorrebbe suggerire il tema dell'anticonformismo e del proto-femminismo dell'autrice: Amalia Edwards viaggia in una compagnia soprattutto femminile ma lungo una strada tracciata almeno cinquant'anni prima da altre generazioni di donne ben più rivoluzionarie quali l'omonima??? Nizzoli autrice del trattato sui costumi delle donne orientali e gli Harem. Spiace infine per la scelta della curatrice e traduttrice del testo di lasciare fuori da questo volumetto estese parti a suo giudizio superate più difficili o noiose. Questi tagli un po' arbitrari a volte rischiano di risultare fastidiosi sia per la loro frequenza le omissioni spesso punteggiano la pagina di parentesi quadre sia perché interrompono passaggi piacevolissimi degli incontri dell'autrice con i monumenti sottraendo a questi ultimi spazio e interrompendo le loro appassionate descrizioni.
Edoardo Guzzon
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