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Ho letto il libro - compresa la postfazione e le note alla postfazione - e mi è piaciuto. Mi piace l'idea di presentare quel mondo attraverso le storie quotidiane e i ricordi di quanti ci vivono, e mi piace l'idea di storie orali e individuali che diventano storia scritta e corale. Mi piace scoprire che, oltre a quello di cui si parla tutti i giorni a proposito del Vicino Oriente, c'è tutto un altro universo, rispetto al quale, di solito, noi Occidentali mostriamo poco interesse. E se queste storie non fossero state raccolte tra la gente e riproposte al lettore solo con il minimo di rielaborazione necessaria, come insiste a dire Cammelli? Tutto sommato non cambierebbe molto. Chissà cosa ne pensa quel gran lestofante di Manzoni che ci vuol fare tutti fessi con la storia del manoscritto secentesco!
Un libro semplice, bello. L’autore racconta storie di vita di tutti i giorni. Non filosofia, non uomini di potere o massimi sistemi. Nella vita quotidiana si comprendono i problemi del Medio Oriente, l’assurdità di certe situazioni. È questa normalità che mi è piaciuta. Una normalità che spiega più di qualunque discorso quale dramma devono vivere queste popolazioni alle prese con il terrorismo integralista islamico. Un libro semplice, che dovrebbero leggere i ragazzi a scuola.
Il libro mi è piaciuto. Chi lo ha scritto conosce il suo mestiere. Però ci sono due cose che non condivido: come si fa a parlare di Medio Oriente senza spendere una sola parola su Israele? Cammelli avrà le sue ragioni ma a me la cosa è suonata male, molto male. La seconda cosa che non mi è piaciuta è questo prendere in giro il lettore sperando che creda che queste storie sarebbero state registrate per davvero. Caro Cammelli: lei ha scritto dei bei racconti, filo palestinesi ed anti-ebraici. Ha diritto di farlo, ma non prenda in giro il lettore! Resta il fatto che il libro è bello.
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