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scheda di Cortellazzo, S., L'Indice 1994, n. 9
Un piacere del racconto, dell'affabulazione, del periodo colto nel dettaglio pervade le pagine di questo corposo libro-conversazione con Louis Malle, che ricostruisce sistematicamente la sua carriera di cineasta, dalla passione-vocazione precocissima coltivata negli anni dell'adolescenza, fino all'ultima realizzazione, "Il danno". Philip French, studioso e critico cinematografico sulle pagine dell'"Observer", collaboratore della Bbc, si propone di evidenziare nel suo tracciato-intervista quella linea di rara coerenza rinvenibile nell'opera di Malle, al di là della varietà diei suoi progetti e dell'assenza di uno stile omogeneo che hanno spesso sconcertato la critica. Una coerenza riscontrabile seguendo da un lato il suo percorso a cavallo fra due generi che si sono costantemente alternati negli anni, il cinema di finzione e il documentario, dall'altro rinvenendo sin nel suo primo film, "Ascensore per il patibolo", quelle costanti e quei nodi tematici che saranno trattati in modo più approfondito in seguito: un disprezzo accompagnato da una certa attrazione per l'ipocrisia della classe borghese, la passione per il jazz, il mondo degli adulti visto dall'occhio degli adolescenti, il suicidio, il potere distruttivo della passione carnale, il rifiuto di esprimere giudizi morali, la voglia di sconcertare, l'esistenza di uno sfondo politico sul quale collocare la vicenda narrata.
La parte più interessante del volume è forse quella dedicata agli inizi della carriera cinematografica e al retroterra di provenienza: l'appartenenza a una famiglia dell'alta borghesia, un'educazione rigorosa nelle scuole dei gesuiti, la tendenza alla ribellione, gli anni della guerra trascorsi a Parigi, la scelta di darsi al cinema anziché alla carriera predestinata ai delfini della borghesia. Poi gli studi all'IDHEC, il successivo abbandono della scuola di cinema parigina troppo orientata verso la teoria e poco attenta alla pratica e l'esperienza avventurosa con l'oceanografo Cousteau, con cui realizzò nel Golfo Persico e nell'Oceano Indiano "Le monde du silence", vincitore della Palma d'oro a Cannes nel 1956. In seguito la carriera di Malle, a partire dall'esordio con "Ascensore per il patibolo" che presentava una Jeanne Moreau inedita, è stata attraversata da una costante voglia di reinventarsi ("Personalmente, tendo a pensare di essere incline a ripetermi, così cerco di resistere alla tentazione di tornare su ciò che ho già esplorato"), di passare da un genere a un altro, di calarsi ciclicamente nella realtà, e pensiamo al magmatico universo del documentario "L'India fantasma" o alle quindici ore di ripresa del Giro di Francia. Si tratta del percorso originale e personale di un autore che va visto, seguendo il suggerimento di French, come un meticoloso artigiano innovatore della tradizione, più che come un suo acritico seguace.
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