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L'aspetto singolare del racconto è che esso sia privo di eventi eccezionali tanto che ad uno sguardo superficiale può sembrare che non accada nulla;invece l'abilità delllo scrittore sta nel mostrare come la quotidianità del protagonista dischiuda non la bruta dimensione dei fatti ma quella quasi religiosa del miracolo. Questa estasi del quotidiano ricca di rimandi simbolici e metaforici è l'eredità più significativa che l'autore lascia ai lettori d'oggi immersi in un mondo globale in cui il quotidiano è vissuto nel nome della produttività e della velocità
Davvero un romanzo singolare, in qualche modo "profetico" perché scritto nel 1931. Un monaco benedettino, padre Malachia appunto, viene chiamato in una parrocchia che ha, proprio davanti, una sala da ballo. E quando il monaco incontrerà un prete anglicano che "ovviamente" non crede ai miracoli, e immagina che la Bibbia sia un insieme di racconti fantasiosi, che cosa può succedere? Una sfida, che il benedettino vincerà, riuscendo a "spostare" la sala da ballo, con tutto quello che contiene, umani compresi, altrove. Ma: davvero i miracoli accendono la fede in un mondo dove l'unica fede, che si difende anche a scapito della realtà, è lo scetticismo? No, ovviamente. Bruce Marshall con questo romanzo confeziona probabilmente la sua migliore opera. Il povero Malachia ha a che fare con imprenditori che vogliono sfruttare il suo potere; imprenditori che chiedono i danni, e superiori che guardano al miracolo come a una stranezza che era meglio non si verificasse. La Chiesa deve stare nel mondo, e deve essere moderna; quindi è bene che certe "pratiche" siano abbandonate. In un mondo senza fede non servono nemmeno i miracoli per scuotere le persone. Che cosa serve, allora?
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