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Anno edizione: 2015
Anno edizione: 2015
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"Si sentiva parte della natura, del sole, delle montagne e di tutto il resto; alberi, erba e paglia gli infondevano col loro fruscio il senso del proprio Essere. L'anima gli diventò grande e sonora come un organo, non dimentico mai più come quella dolce musica gli penetrò nel sangue". Per essere di fine Ottocento, la lingua di questo particolare romanzo non accusa vecchiezza; tutt'altro. La prosa è spigolosa e incisiva, quasi sperimentale; decisamente precorritrice di tempi moderni. È la franchezza nordica, suppongo; è il netto riflesso della mente che l'ha generata. Knut Hamsun, premio Nobel 1920, non va tanto per le lunghe: dice quello che va detto, quando si tratta - come dice bene Magris che ne cura l'interessantissima postfazione - di un inconscio alla deriva. È crisi nera per l'individuo; i tempi sgretolano sogni e nostalgie e allora forse capisci perché, a novant'anni, un anarchico-socialista si invaghisce del nazismo: forse... Non è fra i miei scrittori preferiti; l'interesse è scemato in certe parti del romanzo, nonostante la prosa di livello, come era successo con "Fame", con il quale non ero proprio entrata in sintonia. Però Nagel - protagonista camaleontico con sentori di impostura - ti coinvolge nel suo vagolare apparentemente senza senso; attira e ammalia, trasmettendo un gran senso di vitalità, ribellione, rabbia, illusione, disincanto e nichilismo autolesionista; il conflitto con la società è così duro che sembra avere la pazzia come unica via d'uscita. Profondo, complesso ed enigmatico, questo personaggio esuberante, imprevedibile come uno spiritello ineffabile, ti fa ben capire come può essere facile arrivare alle soglie dell'abisso, ed è anche per questo, per le implicazioni filosofiche e psicoanalitiche della disgregazione dell'io, che vale la pena di leggere Hamsun, almeno una volta. "Dio mio, com'è facile cadere in basso su questa terra!..."
Non posso dire che questo romanzo sia una delusione, ma nemmeno una bella lettura. Alterna momenti davvero interessanti a pagine e pagine di pippe mentali sul nulla, Tolstoj, gli eschimesi, i gatti. Nagel arriva in questo piccolo paese e parla. Parla sempre, ma non dice niente. Si presenta in maniera molto interessante.
Molto bello, simile nello stile a Kafka, ma chiaramente molto più leggero.
Recensioni
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