Una casa in una zona brulla della Scozia, tra la brughiera e il mare, dove un bizzarro orientalista si occupa temporaneamente con figlio e figlia di amministrazione fondiaria; una torre bianca di cattiva nomea a qualche distanza, presa in affitto da un anziano ex ufficiale a sua volta con due figli e sbiadita consorte; il mistero che presto isola i nuovi venuti sotto un'incomprensibile e conturbante cappa di allarme, senza evitare gli innamoramenti incrociati delle due coppie di fratello e sorella; l'arrivo di tre enigmatici e ascetici orientali. Tali gli ingredienti di un bel romanzo breve, Il mistero di Cloomber, 1889, appartenente alla produzione di Sir Arthur Conan Doyle cosiddetta minore, e tuttavia in grado di deliziare e avvincere con gusto intatto il lettore del nuovo millennio, proposto oggi in italiano dalla Nuova Editrice Berti. Certo Doyle non nasconde la propria fonte d'ispirazione, quel caposaldo del mystery che è La pietra di luna di Wilkie Collins, 1868; mentre è intrigante notare come qui anticipi il suo più celebre Il segno dei quattro, che uscirà l'anno dopo, il 1890, proprio attraverso il tema già collinsiano di loschi episodi coloniali a monte. Ma il bello è proprio lì, perché poi Doyle spiazza il lettore, aprendo a un inatteso fronte metafisico su cui sarebbe criminale dire in anticipo. Mentre qualcosa merita sottolineare sull'editore, quella Nuova Editrice Berti che, rilevata nel 2011 l'esperienza della storica Libreria Editrice Berti di Piacenza, ha già meritato pubblica attenzione per il bel catalogo di classici e l'elegantissima veste grafica di volumi in realtà economici. Particolarmente godibile è la scelta per i cultori della narrativa tra Otto e Novecento: e nello specifico le collane "Il lama nero", di formato più grande, foto d'epoca allargata tra i due piatti della copertina con dorso e bordature nere (come appunto per Il mistero di Cloomber), e "Le matite del lama", pocket più sottili, con immagini vintage a stampa e dorso chiaro, che raccolgono una serie di piccoli capolavori. Per questa seconda collana basti citare Snob, florilegio di bozzetti di Marcel Proust (2013), Un uomo cambiato di Thomas Hardy (2013) e la fulminante coppia di novelle di Joseph Conrad riunite sotto il titolo Per colpa dei dollari (2012). Mentre "Il lama nero" è votata a testi di mistero, polizieschi e spionaggio: per esempio la raccolta di Maurice Leblanc titolata Il soprabito di Lupin (2012), che comprende il racconto Un gentlemen, prima apparizione non ufficiale dell'Arciladro nel 1903; l'avventuroso, incalzante L'enigma delle sabbie di Erskine Childers (2012), che contribuirà a sollecitare l'attenzione delle autorità britanniche verso il fronte strategicamente delicato del Mare del Nord; e La casa del potere del romanziere, e politico, scozzese John Buchan (2012), uno tra gli autori preferiti di Hitchcock. Saggia dunque la scelta recente di proporre anche il capolavoro di Buchan, I trentanove scalini (a cura di Elisa Facci, trad. dall'inglese di Giuliana Sparafucile, pp. 163, 16), scritto durante un periodo di malattia, edito nel 1915 e divenuto via via oggetto di versioni radiofoniche, teatrali e su schermo (famosa appunto quella di Hitchcock nel 1935): una scatenata avventura narrata con lievità e sorniona ironia, tra delitti, agenti stranieri, decrittazioni di messaggi e fughe, e che può leggersi come una vera e propria lezione di scrittura. A una prima, ampia parte con il protagonista inseguito dai misteriosi nemici ma anche dalla polizia per un delitto che non ha commesso (che ha il ritmo quasi picaresco della collezione di incontri, con bozzetti divertiti d'interlocutori a offrire sollievo, pasti e abiti tra un inseguimento e un'esplosione) segue una seconda a fianco dei servizi britannici: un racconto che fornirà modello per infinite storie (anche cinematografiche) di innocenti inseguiti fino alla vittoria della verità. E che nella rasserenante, ironica saldezza d'animo del protagonista offre quasi una ricetta di fronte alle nubi nere ormai incombenti del grande conflitto. Franco Pezzini
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