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L'opera, impresa unica a livello internazionale, raccoglie in antologia personaggi e testi più o meno noti nel panorama della letteratura bizantina, da Simeone il Nuovo Teologo a Gregorio Palamas alle Narrazioni sugli Inni di Thekaras. La prefazione di Enzo Bianchi, priore di Bose, anticipa l'idea sottesa a tutto il volume e che ritroviamo nell'introduzione, e cioè che "l'unica mistica possibile all'interno del cristianesimo prende forma e si definisce in rapporto al mysterion neotestamentario e paolino, cioè il disegno salvifico di Dio rivelato e attuato nella persona di Gesù". In questo senso, la mistica cristiana, e tanto più quella bizantina, "lungi dall'essere esperienza straordinaria eminentemente individuale, è nella sua essenza esperienza ecclesiale cui sono chiamati a partecipare tutti i battezzati".
Nell'ampia introduzione, Rigo afferma chiaramente che il volume è in realtà un'antologia di testi spirituali: testi devozionali, ascetici, di direzione spirituale, propriamente mistici, all'insegna dell'equazione spirituale=mistico. E, tuttavia, siamo così sicuri che tutta la letteratura spirituale sia mistica? La letteratura ascetica può essere considerata una letteratura mistica? Lo studioso rinuncia a dare una definizione operativa di mistica e delinea un percorso storico che, giustamente, non può prescindere dalla mistica siro-orientale (Giovanni di Apamea, Isacco di Ninive, Filosseno di Mabbug, Giovanni di Dalyatha). Si parte da Giovanni Climaco, per procedere con la scuola sinaitica, arrivare alla tradizione studita e poi analizzare gli autori e i testi che costituiscono la sezione antologica, contestualizzandoli nel periodo storico di riferimento.
Frutto di questa impostazione è il giudizio dato alla figura che rappresenta uno dei vertici nell'esperienza mistica a Bisanzio, e cioè Simeone il Nuovo Teologo: pur riconoscendo in lui l'apice della mistica bizantina, Rigo lo considera come la figura meno rappresentativa, "un vero e proprio meteorite comparso nel cielo di Bisanzio". "La caratteristica principale e comune dell'intera tradizione spirituale bizantina è l'impersonalità, elemento tanto distintivo da causare, indirettamente, molti problemi agli studiosi moderni, non da ultimo quello della datazione di alcune opere prive di qualsiasi coordinata cronologica". Questo è vero, è ovvio, ma vale soprattutto per la letteratura spirituale e per quella più teorica.
Rigo ben ha messo in evidenza le due attitudini contrastanti nel mistico: da un lato è riconoscibile una sorta di pudore nel rivelare le esperienze più intime, che infatti racconta in forma anonima o alla terza persona (ecco il canone dell'impersonalità), mentre in alcuni casi, come lo straordinario Inno 15, questa reticenza si trasforma, secondo Rigo, in una specie di esibizionismo: e però proprio nell'Inno 15 l'esperienza mistica è da lui descritta in un modo così vivido che egli arriva ad affermare che tutti i suoi organi diventeranno membra di Cristo.
Assai interessante e innovativa mi sembra la scelta di inserire una sezione dedicata a un personaggio affascinante e sfuggente, Thekaras, che ci ha lasciato, oltre ad altre opere, diciotto Inni. Rigo ha scelto di antologizzare alcune operette complementari che nei manoscritti accompagnano i testi di Thekaras. Degna di nota è soprattutto la Narrazione sugli Inni del monaco Teodulo, dedicata all'itinerario spirituale di Thekaras, vissuto nella seconda metà del XIII secolo e di cui abbiamo pochissime informazioni. L'itinerario è delineato sicuramente in modo conforme ai racconti monastici, ma ricorda soprattutto quelli che fa Simeone il Nuovo Teologo che peraltro viene citato delle proprie esperienze mistiche. Ciò che c'è di nuovo è la consapevolezza che gli Inni sono frutto di ispirazione divina e portatori della visione e che, in quanto tali, entrano a far parte dell'ufficio del monaco.
Si resta però perplessi nel vedere inserito nell'antologia il Canone catanittico della Scala, una raccolta di odi in cui ciascuna strofa è accompagnata da un'illustrazione, il tutto tratto dal quinto gradino della Scala di Climaco, dedicato alla penitenza. La recitazione di questo testo doveva essere effettuata sia durante le preghiere in comune, sia durante la preghiera e le meditazioni nella solitudine, a dimostrazione della centralità della penitenza nell'itinerarium mentis ad Deum: ma si tratta di un testo mistico?
Resta indubbio il coraggio di Rigo nel cimentarsi in una consimile impresa, che sarà sicuramente un importante punto di riferimento per gli studi sulla mistica bizantina, anche se avrei intitolato la raccolta "Spirituali a Bisanzio", un titolo forse meno appetibile, ma certo più conforme ai contenuti del volume.
Rosa Maria Parrinello
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