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Due racconti brevi - Il monaciello di Napoli e Il Fantasma - legati dal filo conduttore delle creature che vivono ai margini della società, da atmosfere cupe, da un’umanità viziosa, grottesca, condannata. Fanno pensare ai dipinti di Bruegel il Vecchio. Il primo racconto lega un Monaciello del folclore napoletano (uno gnomo/spiritello/bambino dispettoso) a una bambina/madre che se lo prende a cuore ed ha il tono dell’elegia malinconica, delle possibilità perdute. Il secondo racconto ha per protagonista un’altra bambina, alle prese con Morte stavolta, e parla dell’importanza della memoria (e dell’arte).
La lucidità dell'Ortese raggiunge a tratti il perfetto connubio in questi due pezzi, tra narrazione, visione, monologo e riflessione critica. La maggior parte dei pezzi sono contemporanei a quelli di Corpo celeste, contraltare critico e memorialistico, della poetica ortesiana e in cui l'autrice ha messo davvero una gran parte di sé. In sonno e in veglia alterna quindi la volontà di riflessione e meditazione degli ultimi anni della sua vita a stralci di grande potenza narrativa e visionaria, che anticipano, per temi e linguaggio gli ultimi due grandi romanzi. Grande donna, osteggiata ovunque, anche tra le compagne di partito, quel Pci degli anni '50. Segnalo oltre a questo suo, e ad altre bellissime opere, "La lente scura" saggio reportage, del suo viaggio in Urss ma non solo. Per me una lettura bellissima.
Due opere giovanili e difficili da trovare della Ortese che mostrano già le qualità e peculiarità della sua scrittura. Purtroppo mentre il primo racconto, quello che dà il titolo al libro, risulta gradevole, il secondo, il fantasma, è troppo lento e povero di “guizzi” ortesiani. Ne consiglierei la lettura agli amanti della autrice, per completezza.
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