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Ho conosciuto Matvejevic attraverso il bellissimo libro Confini e Frontiere. Ho capito di essermi trovato di fronte ad un vero riferimento per capire meglio il dramma dell'ex jugoslavia. L'impressione viene confermata da questo libro con una distinzione tra la prima parte e la seconda parte del testo. La prima parte, dedicata principalmente al post comunismo nell'Europa dell'Est, l'ho trovata francamente noiosissima. Splendida invece la seconda parte incentrata sulle vicende dell'ex Jugoslavia.
I Balcani sono un'area dell'Europa in cui da sempre la "geografia non coincide con la Storia". Terra di interposizione tra Occidente e Oriente, in politica, religione, cultura, arte. Era qui che l'impero romano d'Occidente lasciava la sovranità a quello d'Oriente. Il libro ripercorre quindici anni di dissolvimento di uno stato - la Jugoslavia - nato mettendo insieme popoli e territori. Già nei primi mesi del 1990 c'era una strana atmosfera in Europa. Il 9 novembre dell'89, con modalità che sapremo poi essere stare essere alquanto bizzarre, venne aperto il confine tra le due Germanie e abbattuto il muro di Berlino. Il mondo diviso in due blocchi egemonici e l'incubo del "day after" post atomico, da quel momento si apprestarono a diventare antiquariato. Prima e dopo caddero i governi filo sovietici degli stati dell'Est Europa e di seguito l'Urss, da cui si sganciarono tante repubbliche e regioni autonome, molte delle quali - ricorda Matvejevic - più che democrazie diventarono "democrature". La Storia aveva voltato pagina. Ma non ci rendemmo conto che la nuova pagina non era la successiva: era la precedente.
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