L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Tutti i formati ed edizioni
Anno edizione: 2017
Anno edizione: 2017
Promo attive (1)
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Interessante raccolta dei discorsi che Mann tenne già dal 1930 contro Hitler. Alcuni passaggi costituiscono un'analisi finissima (per esempio, quello sulle radici del nazismo in certo spirito irrazionale tedesco), altri invece risentono della retorica di un uomo dell'Ottocento che, anche nell'indignazione più profonda, mantenne comunque il suo contegno. Un esempio, in ogni caso, per lo spirito europeo di cui si ha bisogno anche oggi.
Ho messo tre sole stelle. É stato bello leggerlo ma purtroppo non ho colto per nulla le molteplici discussioni filosofiche. Di questo romanzo mi è piaciuto il tempo sospeso, credo che molte persone ad un certo punto sentano il bisogno di ritirarsi un un angolino per starsene un po' tranquillo ed è quello che succede ai pazienti del sanatorio. In questa edizione al termine del romanzo viene riportato un discorso che Mann tenne nel collegio di Princeton. Lo consiglio.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Settanta anni dopo la prima pubblicazione vengono riediti i saggi politici di Thomas Mann. Nella raccolta è presente anche un saggio del 1922, ma i più furono scritti fra il 1930 e il 1945 e hanno a che fare eminentemente col nazismo e con la guerra. Sono documenti storici, ma il lettore resterà sorpreso di quanto essi parlino almeno altrettanto all’attualità. Documenti storici, certo, tragici. Nel 1930, mentre la Repubblica di Weimar si suicidava, Mann rivolgeva Un appello alla ragione: orgoglioso del proprio ancoraggio alla borghesia, proprio a essa si rivolge, perché non si lasci spaventare da parole come socialismo e marxismo, ma guardi invece al vero pericolo, il nazismo. Appello inascoltato. Nel 1938 (...) Mann avvertiva (L’altezza dell’ora) che si sarebbe andati comunque alla guerra, perché il fascismo esclude la pace e la pace esclude il fascismo (...). Nei suoi radiomessaggi trasmessi durante la guerra, Mann aveva avvertito più volte che soltanto se fosse riuscita a liberarsi da sola di Hitler la Germania avrebbe potuto sperare in un trattamento magnanimo dopo la sconfitta. Borghese, tedesco e cosmopolita in quanto tedesco: così Mann presentava se stesso. (...) Nel marzo 1945 (...) Mann diceva per radio che la Germania non sarebbe morta, ma avrebbe assunto una nuova figura e avrebbe avuto una nuova vita. A guerra finita ribadiva che la storia del mondo non finiva, che la Germania ne faceva parte e che, sebbene la politica di potenza continuasse e non lasciasse prevedere molto di buono, tuttavia la diminuita importanza dei confini politici avrebbe favorito un umanesimo sociale, molto superiore alla democrazia borghese. Utopie? Forse. Ma è nel saggio che dà il titolo al libro, Attenzione, Europa!, che si leggono le cose più amaramente attuali. Nel 1936 l’allora sessantunenne Thomas Mann dichiarava di non amare la gioventù dei suoi tempi, una gioventù che si adagiava nella vita collettiva, desiderava “vacanze continuate dal proprio Io”, liberarsi dal pensiero e “anche dalla paura, naturalmente, paura della vita”. Quei giovani lui li chiama dei primitivi che disprezzano l’idealismo e tutto ciò che ha a che fare con esso; innamorati della tecnica, ma niente affatto della ragione, sono dentro una superstizione modernamente democratica, una superstizione sentimentale che mirava “all’abolizione di ogni differenza fra verità e menzogna”. Mann non era ottimista: prevedeva che “questo pseudo-pensiero” avrebbe avuto il potere “di convertirsi con audace violenza in storia”. La partita – scriveva allora, nel 1936 – è già perduta. Disgraziatamente aveva ragione. L’umanesimo militante, da lui invocato, non ebbe successo e forse non ebbe un numero sufficiente di praticanti. Teniamocelo per detto.
Recensione di Enrico De Angelis
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore