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Blaise Cendrars era proprio un tipo che avrei voluto conoscere. Lavorò alla stesura di “Moravagine” a partire dal novembre 1912 e lo concluse il giorno di Ognissanti del 1926, liberandosi finalmente dall’ossessione del doppio che l’aveva accompagnato per anni. Come il suo ispiratore reale, Moravagine ha passato un lungo periodo di reclusione, raccontato nella parte iniziale del libro, in cui Cendrars, con la sua scrittura precisa, con l’accurata scelta delle parole, sollecita i sensi del lettore facendogli sperimentare quanto sia vero che “un cervello isolato dal mondo può creare un mondo”. Il libro è pieno di avventura e sapore di vita vero. Ve lo consiglio.
Romanzo che Blaise Cendrars pubblicò nel 1926 dopo anni di gestazione e faticosa scrittura per esorcizzare un fantasma e un'ossessione: Moravagine, sorta di alter ego e ombra dell'autore stesso, figura immaginaria e proiezione di personaggi reali incontrati dallo scrittore. Un po' Fantomas, un po' Passepartout, un po' Jack lo Squartatore, Moravagine, serial killer e terrorista rivoluzionario, esploratore ed eroe di guerra, amico generoso e pericoloso paranoico, è l'antieroe della Modernità: i Dadaisti lo elessero a modello (con scarso entusiasmo da parte di Cendrars che non li amava particolarmente); le Avanguardie - Espressionisti, Futuristi, Cubisti - si rispecchiarono nelle pagine disarmoniche - ora concitate, ora liriche, ora freddamente scientifiche, ora deliranti e allucinate - di questo romanzo che fece di Cendrars un caso letterario a Parigi. Ma lo zingaro Blaise, con il suo braccio solo, si era già stancato di sperimentalismi e intellettualismi e li abbandonava tutti, veleggiando verso la vita e l'avventura, verso le giungle brasiliane. Faticoso nella concezione e nella scrittura, il testo risulta difficile anche alla lettura alternando parti di grande piacevolezza ad altre piuttosto pesanti: raccontato in prima persona da uno psichiatra morbosamente affascinato dal suo paziente, Moravagine, - ricco e di nobile origine, precoce assassino di vergini- ne diventa l'amico intimo e il succube, l'inseparabile compagno e il complice.
Pubblicato nel 1926 da Grasset et Fasquelle e resuscitato nel 2018 da Adelphi. L’incipit è una condanna dei manicomi di cui Raymond-Cendrars chiede l’abolizione (ci riuscirà F. Basaglia nel 1978). Ne fa evadere Moravagine (MV), discendente dai re d’Ungheria, e con questo individuo sciancato, nero, magro, nodoso, scorrazza per Europa e Sud America per dodici anni. Nobile gesto, però MV è un feroce assassino, dedito a squartar donne, tanto che a Berlino, dove ogni sera ne massacra una, sono costretti a fuggire in Russia. Quivi partecipano (e organizzano) ai moti rivoluzionari del 1904-1908, che avrebbero dovuto portare all’assassinio dello czar e a un nuovo ordine sociale mondiale (ci riuscirà Lenin dal 1917 in avanti). Dopo l’arresto di tutti i rivoluzionari, c’è una fuga rocambolesca, nascosti in botti per crauti da esportare in Inghilterra, da dove fuggono in America e, dopo mirabolanti avventure, sbarcano alle foci dell’Orinoco. Le pagine sulla rivoluzione russa e la navigazione sull’Orinoco, il soggiorno nella tribù dei Jibaro e la fuga in flottiglia di barche con le donne della tribù (qui MV non si smentisce e ne sventra una per notte, per tenersi in allenamento) fino al Rio delle Amazzoni sono le più spettacolari e deliranti, forse scritte con una penna intinta in cocaina, di cui fece grande uso il nostro Vate D’Annunzio. Il romanzo è circolare: inizia in manicomio e qui finisce nel 1917, verso la fine della Prima Guerra Mondiale. Ed è di difficile lettura. Curiosamente, Hugo Pratt, con folgorante penna intinta d’inchiostro di china, narra storie di Corto Maltese (CM) in luoghi vicinali e tempi analoghi: CM partecipa al conflitto russo-giapponese in Manciuria, nel 1904-1905, dove incontra Rasputin e Jack London. Altri due racconti (il Segreto di Tristam Bantam, a Maracaibo, e Appuntamento a Bahia, del 1916) visitano luoghi non lontani da quelli qui descritti. Confesso, preferisco la penna magica di Pratt. Avviso ai naviganti: questo romanzo è un macigno!
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