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La bellezza, la maestria di una lingua di straordinaria trasparenza che si adagia sulle cose aderendovi come una seconda, radiosa pelle, apparentano questi tre racconti che Turgenev scrisse in anni diversi, per occasioni diverse, e che vengono qui pubblicati nella successione che Tommaso Landolfi volle scegliere per l’antologia Narratori russi. Il prato di Bežin entrò a far parte di quelle Memorie di un cacciatore (1851) che diedero a Turgenev fama di maestro del realismo e primo cantore del mondo fino ad allora muto dei contadini, dei servi della gleba; puro oggetto di bellezza, prediletto da Henry James tra gli scritti turgeneviani, è gremito di ombre, presenze demoniache, inquietanti esseri fantastici – spiriti dei boschi e delle acque, russalche, fantasmi di annegati –, e tuttavia emana poesia e non sgomento. In La reliquia vivente (1874), apparso in una più tarda edizione delle Memorie di un cacciatore, restiamo ammirati e straziati di fronte alla semplice, spoglia sacralità di una creatura devastata dalla malattia, ridotta a povero e dolorante oggetto, e tuttavia viva come un fiore, un albero, un profumo della natura russa che tanto deve all’amore e alla sapienza narrativa di Turgenev. L’orrore pervade infine il breve e tremendo capolavoro Mumù (1854), storia di un povero servitore sordomuto costretto dalla padrona a sopprimere il cagnolino divenuto per lui ragione di vita, amore, felicità. E ogni volta, leggendo questi racconti, tornano alla memoria le parole che a Turgenev scrisse un suo vero amico e illuminato lettore, Gustave Flaubert: «Quanto più vi studio, tanto più il vostro talento mi sbalordisce. Ammiro quella vostra maniera al tempo stesso veemente e trattenuta, quella simpatia che scende fino agli esseri più infimi e dà un pensiero ai paesaggi».
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Semplicemente divini, i tre racconti presentati. Poesia scritta sotto forma di prosa. Turgenev è un grande di tutti i tempi. Se avrò tempo per farlo, nella vità studierò il russo per poter leggere questo autore in lingua originale
Recensioni
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recensione di Alleva, A., L'Indice 1998, n. 4
Ecco tre racconti di Turgenev scelti da Tommaso Landolfi per l'antologia "Narratori russi" - pubblicata nel1948 dall'editore Bompiani -, riproposti nel1960 nel volume" Racconti russi" da Vallecchi, e ora qui da Adelphi.
Due di questi racconti fanno parte de "Le memorie di un cacciatore", e sono:" Il prato di Bezÿin*, che entrò a far parte della prima redazione della raccolta, del 1851, e "La reliquia vivente", apparso in una più tarda edizione nel 1874; il terzo racconto, uno dei suoi più belli, è "Mumù" (1854).
In Turgenev è la gioia del raccontare, oltre il sipario naturale, episodi di vita della steppa. I boschi tremano in apertura e in chiusura, fanno da corifeo all'ambiente ."Le memorie di un cacciatore" si sfogliano con lo stesso piacere di un erbario descritto. Turgenev incalza il lettore, lo intrattiene con galanteria, qualche volta si schermisce perché teme di annoiarlo, comunque si presenta alla fine dello spettacolo, ed è lui a chiudere il sipario. Il suo atteggiamento frivolo, anche nel descrivere la natura, le stagioni, lo avvicina a Vivaldi. Il tremolare delle tremule, il leggero inarcarsi delle betulle rievocano la vibrazione dei violini.
Nel primo racconto, "Il prato di Bezÿin*, il protagonista alla fine di una giornata di caccia si smarrisce, e incontra già a notte fatta un gruppo di ragazzi che si raccontano storie intorno al fuoco, gremite di personaggi presi dal folclore russo.
Nel secondo, straordinario racconto "La reliquia vivente" è descritto il casuale rincontro fra il protagonista, figlio dei padroni, e una sua ex serva, Luker'ja, agile e abile in gioventù, ora costretta a seguito di una caduta a vivere immobilizzata in una capanna. Luker'ja ha perso il suo leggendario incarnato, e la sua lunga treccia, ma il protagonista riesce a scorgerne ancora da qualche parte l'antica bellezza.
Vive così immersa nella natura, e ne diventa parte integrante: intuisce la data del calendario dall'odore della segale, dei fiori; perfino una lepre trova rifugio e s'intrattiene qualche istante nella sua capanna, perché intuisce che da lei non può venirle nulla di male. E alla fine muore, dopo la festa di San Pietro, come le era stato annunciato da un sogno premonitore. L'infermità rende Luker'ja pura sensibilità, puro canto, puro ascolto, pura ricettività. Per lei, per la sua assenza di peccati e la sua fiduciosa armonia col mondo, è più facile morire.
In "Mumù" un servo sordomuto ex contadino viene trasferito dalla padrona nella casa di città, a Mosca; non gli viene data in sposa la ragazza di cui è innamorato, e viene costretto a sopprimere una cagnolina, Mumù, che è l'unica creatura a cui può attaccarsi.Il solo suo riscatto sarà la fuga e il ritorno alla vita e al lavoro dei campi.
Questo racconto ricorda per certi versi un altro memorabile racconto de "Le memorie di un cacciatore" di Turgenev, "La fine di Cÿertopchanov", qui non presente, in cui è descritto l'amore feticistico di un cosacco per il suo cavallo e la perdita del cavallo, che gli viene rubato.
Turgenev predilige eroi semplici, presi dalla servitù della gleba o liberi e selvaggi, ma che della loro povertà e infelicità fanno tesoro, fino a diventare miti, attraverso la sua voce.
Tommaso Landolfi, con la sua lingua che ricorda quella delle novelle toscane dei libri d'infanzia, sceglie questi tre racconti di Turgenev.
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