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Anno edizione: 2019
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Finalmente la Nazione delle Piante, la più importante, diffusa e potente nazione della Terra, prende la parola.
«Immaginare una costituzione scritta dalle piante, cui io presto l'opera di tramite con il nostro mondo, è l'esercizio giocoso dal quale nascono le pagine del mio libro» - Stefano Mancuso, Robinson
«In nome della mia ormai pluridecennale consuetudine con le piante, ho immaginato che queste care compagne di viaggio, come genitori premurosi, dopo averci reso possibile vivere, vengano a soccorrerci osservando la nostra incapacità a garantirci la sopravvivenza. Come? Suggerendoci una vera e propria costituzione su cui costruire il nostro futuro di esseri rispettosi della Terra e degli altri esseri viventi. Sono otto gli articoli della costituzione della Nazione delle Piante, come otto sono i fondamentali pilastri su cui si regge la vita delle piante, e dunque la vita degli esseri viventi tutti.»
Lettura molto piacevole. Teorie che condivido, curiosità che non conoscevo e anche tanto buon senso, questo sconosciuto ! Da leggere assolutamente.
In questo saggio breve, Mancuso cerca di scrivere una costituzione immaginaria che potrebbe darsi la Nazione delle Piante, che nella accezione dell’autore raccoglie tutti gli esseri vegetali viventi sulla Terra. La costituzione si compone di otto articoli, gli otto pilastri fondamentali su cui, sostiene Mancuso, si regge la vita delle piante. Ogni articolo o diritto (fondamentale) delle piante ha quindi un capitoletto dedicato. Molto interessante, consiglio la lettura.
Nel suo target divulgativo, un libricino eccellente. Chiarissimo, incontestabile, schietto. Anche originale: il tema della “costituzione” delle piante è in effetti un simpatico espediente per spiegare senza ambiguità o reticenze da dove – ecologicamente – noi esseri umani arriviamo, dove siamo e dove ahinoi stiamo andando. Cioè colpevolmente a farci friggere, dopo aver provocato la sesta estinzione di massa nella quale siamo ormai pienamente immersi. Una lettura non rassicurante ma utilissima, sia per i ragazzi che per gli adulti. Un poetico scossone e un franco suggerimento, il cui punto cardine è: se come specie umana vogliamo sperare di sopravvivere, iniziamo con il salvare le foreste! Libro più che consigliato!
Recensioni
Finirà, ’sto mondo? Secondo il più recente report arrivato dal National Center for Climate Restoration, le previsioni viste finora sarebbero state fin troppo ottimiste, e per il 2050 avremo un miliardo di migranti climatici e un’ineludibile collasso della civiltà, salvo immeditati interventi globali. Di certo, e questo forse spiega il rapido disamoramento dei grandi media per Greta, tra questi “interventi” c’è la messa in discussione del capitalismo, ma altrettanto di certo nella soluzione c’entrano gli alberi. Non solo in termini di tutela – si pensi alla minaccia costituita da Bolsonaro alla foresta amazzonica – ma anche di rilancio: secondo il climatologo Crowther, se si aggiungessero 1.2 triliardi di alberi ai 3 presenti sul pianeta, si potrebbe innescare un cambio di rotta.
Non stupisce allora che la letteratura – allo stesso modo in cui, col proliferare di titoli distopici, aveva già intercettato la doppia ansia da collasso ecologico e crisi delle democrazie liberali – oggi venga a guardare sempre più alle piante, al punto che in alcune librerie sono apparsi scaffali dedicati.
In Italia, il primo alfiere di questa tendenza è Stefano Mancuso, direttore del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale, che già con alcuni libri di mirabile grazia divulgativa usciti per Giunti, e oggi in modo ancor più esplosivo con gli ultimi titoli fuori per Laterza, ha aperto un fronte di interesse nei confronti delle piante a suon di aneddoti sorprendenti. Se l’ultimo libro è il pur valido pamphlet La nazione delle piante, quello forse più sbalorditivo è L’incredibile viaggio delle piante, dove il racconto della storia di varie specie vegetali e della loro relazione col regno animale, uomo compreso, è raccontato secondo prospettive capaci di stupire anche il lettore più smaliziato.
Recensione di Vanni Santoni
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