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Anno edizione: 2018
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Un libro le cui sensazioni scorrono sulla pelle e restano attaccate
La narrazione della cornice esterna ha evidenti rimandi a Conrad e Lowry, a partire dallo scenario esotico. Il racconto interno va sul versante sentimentale per virare poi al politico, calandosi nella modernità. Rossari intreccia i vari fili con abilità, sa far buon uso di quelle parole che tanto gli stanno a cuore. L’aspirante scrittore e il poeta si confrontano prima di tutto sulla presunta marginalità della scrittura nella società contemporanea. Quella che pare un’attività auto-referenziale (riservata a circoli chiusi di persone variamente depresse) ha ancora la sorprendente capacità di incidere sull’esistenza (o meglio di rovinarla, nel caso del poeta). Tutto però passa attraverso il fraintendimento e il rovesciamento delle intenzioni. Per Rossari la rete è oggi il doppio equivalente della realtà, assume la funzione che un tempo toccava alla letteratura: elabora e trasfigura, ma lo fa rinunciando ad ogni ambizione estetica e ad ogni tentativo di sublimazione, accontentandosi di un voyeurismo da buco della serratura e di una spontaneità spacciata per autenticità. Detto cosi’, il romanzo potrebbe sembrare un esercizio puramente intellettuale: in realtà le parole si legano alla carne, all’esperienza del corpo attraverso il sesso. Anche qui la rete è lo strumento tramite cui si attua il passaggio alla promiscuità e alla virtualità, fino a sprofondare in una solitudine scandita dalla ripetizione ipnotica di una sequenza di ‘Paris-Texas’, riscattata infine dal ritorno ad una relazione piena con la persona amata. Dove non è arrivata la forza devastante del lutto, giunge però il moralismo artefatto dei tempi. Il giovane aspirante narratore avrà sorte migliore? Il dubbio aleggia nell’alba che illumina in modo spettacolare il vulcano al termine della notte.
Recensioni
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Nel cuore della notte, un bellissimo titolo che ci porta nel cuore di altre tenebre. C’è la notte, quella in cui un uomo – un poeta – racconta la propria storia a uno sconosciuto (un ragazzo in viaggio con la fidanzata e con le sue idiosincrasie da occidentale: “la scomodità etica della stuoia”) sopra a un pullman pieno di turisti diretti verso un vulcano-totem, in un indistinto Paese tropicale.
E poi ci sono tutte le notti trascorse, quelle che affiorano dal racconto del poeta in un lungo monologo, provocatorio e doloroso: notti passate al buio ad ascoltare le parole di Harry Dean Stanton in Paris, Texas (“I knew these people, these two people, they were in love with each other”), ore di devozione verso la Rete, dove affidare il vuoto lasciato dai corpi all’accanimento di altri corpi, nell’aftermath di un lutto che si può solo subire e non raccontare: la perdita di una figlia, e con lei di una donna e dell’idea stessa di amore romantico.
“La Rete ha regalato ai poeti sfigati come me una seconda possibilità: irretire, eccitare, denudare”, dice l’uomo, “e io, uscito da una monogamia totale, da una naturale fedeltà alla carne dell’unica donna che avessi mai conosciuto, luttuoso e inquieto, c’ero sprofondato”. Ma un poeta che rimorchia in chat può creare un nuovo linguaggio – “Eros, Thanatos e iOS” – e diventare “una materia oscena, estroflessa, dispersa nella Rete come in tanti specchi di narcisismo onanista”.
Saranno proprio questi specchi di narcisismo ad abitare la seconda parte del racconto, fantasmi generati dalla Rete, pronti a sabotare la costruzione meticolosa (e quindi insincera?) di un sogno più vivibile: il riavvicinamento della donna perduta, la riconquista di un corpo e di un’altra seconda possibilità, il successo che arriva come un’ondata benevola e subdola sulla coppia ricomposta, l’ascesa politica per lei, la pubblicazione di un libro per lui.
Come in Cuore di tenebra di Conrad, il racconto dell’uomo prende il sopravvento sulla realtà contingente, il pullman diventa l’incubatore di parole che possono solo esondare, martoriate e sensuali, nell’attesa che il vulcano si stagli in fulgida visione fuori dalla notte.
Recensione di Veronica Raimo
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