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Anno edizione: 2015
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Analisi interessante di una società in cui la tecnologia permea ogni momento della vita. Al contrario di Flusser che vedeva nel potenziale digitale la possibilità di ricevere, trasmettere e rielaborare informazioni come strumento in grado di eliminare i sé isolati; Byung-Chul Han, a "trasformazione" compiuta, pone l'accento sui pericoli che si insidiano dietro lo schermo.
Non possiedo uno smartphone né un profilo social, dunque non esisto per questo mondo pandigitale. Premetto ciò per dichiarare che in un mondo definito esiste ancora qualcosa o qualcuno di indefinito. Se leggo Byung-Chul Han mi trovo in accordo con molte sue idee consapevole, però, che molto probabilmente il filosofo avrà un profilo social per divulgare le sue idee e sicuramente uno smartphone per entrare in relazione condivisa con il mondo. Se le idee non possono dissociarsi dalle proprie azioni e dalla propria vita per definirsi realmente vere, cosa tipica della filosofia antica, allora le idee del filosofo coreano saranno sì molto interessanti ma spero comprovate dalla sua vita vera e vissuta. Propongo dunque di leggere le sue idee. Farle proprie. Partecipare a quelle idee se ritenute valide. Dissociandosi dal flusso autopromozionale dell'io-migliore-di-me. Scemando la potenza dello sciame che ci disturba con il suo ronzio costante. Slegando dall'ego fittizio di finti personaggi la vera ricerca della propria persona. Perché il fatto di essere diventati manichini imbellettati in vetrine multicolori non è stato altro che farci inghiottire dall'inconscio di qualcun altro. Noi chi siamo? Insetti?
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