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Il bello è proprio questo : la cronologia non è rispettata !!!!!!!!!!!!!!!! il personaggio si scopre piano piano e si comprende man mano che si legge il libro si hanno sorprese, si fanno scoperte l'arte non è lineare !!!!!!!!!!!
Bellissimo romanzo, profondo, toccante. Non di facile lettura in quanto l'io narrante ci parla su più livelli e senza cronologia di tempo. I pensieri nel presente , nella mente e negli occhi di Milla ti scavano dentro, riflettendosi negli occhi e nella memoria di quello che fu e che è di Agaat. È sicuramente uno dei più bei romanzi che io abbia letto, lo consiglio vivamente.
E' decisamente un bel romanzo, dai contenuti profondi e apprezzabili, ma il modo in cui la storia viene raccontata è - a mio parere - molto deludente, soprattutto per la mancanza di un ordine cronologico. Se avessi conosciuto la storia di Agaat fin dall'infanzia, forse avrei capito meglio il suo comportamento negli anni successivi, invece così ho faticato a capire certi suoi atteggiamenti..peccato!
Recensioni
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Due donne sole in una fattoria della provincia sudoccidentale del Capo. La più anziana, Milla de Wet, è immobilizzata a letto da una malattia degenerativa che l'ha privata anche della facoltà di parlare e comunica attraverso segni impercettibili delle palpebre che solo Agaat, la fedele serva nera, sa interpretare. La sua totale dipendenza dalla donna che l'accudisce anticipando ogni suo bisogno o desiderio, proteggendola dal mondo e tenendo lontano persino il dottore, rende ancora più forte il legame che ha perversamente unito padrona e serva per quasi cinquanta anni. La narrazione, tutta interna alla prospettiva di Milla e alla sua mente ancora vigile, alterna diversi piani temporali in un flusso inarrestabile di pensieri e parole, in cui spesso affiorano, ancora non placati, antichi rancori e rivalità: "Come potrei biasimare il tuo desiderio di svanire, Agaat? Di fuggire da me, dalla mia tirannia? Più inesorabile che mai, adesso che non posso più dire né fare nulla, adesso che sono io stessa bloccata, inamovibile come le pietre. Vorrei potermi aprire e accoglierti in me e confortarti. Ma non posso, sono la tua antagonista proprio perché sono come sono, muta e densa, e tu cerchi un rifugio che ti metta al sicuro da me".
Secondo romanzo di Marlene Van Niekerk, tra le più interessanti scrittrici sudafricane di lingua afrikaans, La via delle donne (titolo originale Agaat, 2006; traduzione inglese The way of the women, 2007) prosegue l'anatomia della società afrikaner sotto l'apartheid cominciata con Triomf (1995), in cui, nella caricatura della famiglia nucleare e dei suoi valori, la scrittrice mette a nudo la degenerazione di una famiglia di bianchi poveri e la perversione del sistema. Ambientato tra il 1948 e il 1994, La via delle donne narra una storia di violenze pubbliche e private che, pur evitando riferimenti a fatti e persone storiche, restituisce un quadro quanto mai crudo delle tensioni e dei rapporti di forza nel Sudafrica dell'apartheid osservati attraverso il microcosmo di una ricca famiglia afrikaner. Quel che traspare dalle dinamiche della famiglia de Wet non è solo l'evidenza di una brutale tirannia familiare, ma l'intrinseca violenza di un sistema basato sulla continua presunzione di superiorità dei bianchi rispetto ai neri.
Agaat, vera eroina del romanzo, è stata quasi una ragione di vita per la sua padrona che, sfidando ogni pregiudizio e l'aperta ostilità di suo marito e sua madre, l'ha impulsivamente sottratta ai genitori naturali, braccianti nella fattoria della madre. La bambina, una creatura selvaggia con un braccio malformato, denutrita, abusata, incapace di parlare, dapprima la segue riluttante, ma poi accetta il suo destino assieme al nuovo nome che le dà Milla, diventando un'allieva perfetta, capace di assorbire ogni cosa con avidità e intelligenza, fino a memorizzare interi manuali e diventare esperta di agricoltura, mungitura, veterinaria, ricamo, cucina. Battezzata, "addomesticata" all'obbedienza, Agaat si rende via via indispensabile non solo per la conduzione della fattoria, ma per l'equilibrio psichico e affettivo di Milla, intrappolata in un matrimonio infelice con l'inetto e violento Jak.
All'improvviso le cose cambiano: dopo anni di sterilità Milla ha un bambino e Agaat da "figlia" si ritrova serva, estromessa dalla sua stanza, spostata fuori casa. I vestiti colorati e il nastro nei capelli lanosi sostituiti dalla divisa nera e la severa cuffia bianca. Agaat ripagherà il tradimento riversando sul piccolo Jakkie tutto l'amore possibile, fino a sottrarlo all'affetto dei suoi genitori che lo hanno trasformato in oggetto di contesa. Ostaggio inerme ora della madre, che vorrebbe educarlo alla musica e al canto, e distoglierlo dall'influenza misteriosa e inquietante di Agaat, ora del padre, che lo addestra alla virilità costringendolo a uccidere animali, a scalare montagne, a diventare aviatore, Jakkie cresce insicuro e incapace di ribellarsi. Arruolatosi infine nell'aeronautica militare, pur senza condividerne gli ideali, si trova in Angola a combattere per il paese. Tornato a casa nel giorno del suo venticinquesimo compleanno, capisce che potrà salvarsi solo andandosene via, lontano, senza lasciare tracce. Nessuno, tranne Agaat, sa che la destinazione è il Canada dove Jak intende richiedere asilo politico. Tornerà undici anni dopo, richiamato al capezzale della madre da un telegramma di Agaat, erede incontestata della fattoria per cui lui non ha alcun interesse. Ora non gli resta che "imparare a piangere le sue madri", la bianca e la nera, e a "piangere il suo paese".
La via delle donne è un vero tour de force letterario non solo per la mole del romanzo, che nella versione italiana è di circa ottocento pagine, ma per il complesso intreccio di livelli e registri delle "voci" di Milla, ben resi nella traduzione di LauraPrandino. Voci che corrispondono nella narrazione ora al flusso di coscienza in prima persona ora alla seconda persona singolare, quando Milla rievoca momenti e scene del suo difficile rapporto, prima con sua madre e poi con Jak, come se la donna cercasse di prendere le distanze dal proprio passato. Il romanzo include inoltre frequenti stralci dai diari di Milla, interrotti all'insorgere della malattia, citati in ordine temporale inverso, fino a risalire al primo incontro con Agaat bambina; e infine dei frammenti lirici in corsivo, in cui si avverte lo sgretolamento mentale della moribonda.
Il romanzo si inscrive nel genere del farm novel, praticato nella letteratura sudafricana sia in lingua inglese (Olive Schreiner, Nadine Gordimer, Daphne Rooke, J. M. Coetzee ecc.) che in afrikaans, quest'ultima poco nota in Italia, forse per la difficoltà di reperire traduttori competenti. Non è un caso che molti scrittori afrikaner, come Breyten Breytenbach, Andrè Brink o Antjie Krog, per citare i nomi più noti, siano passati a un certo punto della loro carriera a scrivere in inglese. Le poche opere tradotte in italiano si basano infatti tutte sulla versione inglese. È il caso, ad esempio, del romanzo di una grande poetessa e scrittrice, Spedizione al Baobab di Wilma Stockenstrom, tradotto da Susanna Basso per le edizioni Ilisso dalla versione inglese di J. M. Coetzee.
Anche i due romanzi di Van Niekerk, scritti originariamente in afrikaans, hanno avuto eccellenti traduttori inglesi: il poeta Leon de Kock per Triomf e lo scrittore Michiel Heyns per Agaat. L'importanza di queste traduzioni non va sottovalutata, non solo perché rendono possibile la conoscenza di una letteratura in una lingua minoritaria, ma perché mostrano come il lavoro del traduttore, spesso trascurato, sia invece praticato a livelli alti e da grandi scrittori. La bella traduzione di Heyns, utilizzata per la traduzione italiana, ha ricevuto un premio importante in Sudafrica ed è grave che Neri Pozza non la citi affatto, occultando informazioni che sarebbe stato doveroso segnalare.
Paola Splendore
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