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Il titolo è tratto da una poesia del giapponese Basho, del XVII secolo. E’ ambientato a Johannesburg, Sud Africa, all’epoca (febbraio 1990) della liberazione di Nelson Mandela dal carcere di massima sicurezza di Robben Island, dopo 27 anni di detenzione. Le lotte tra i discendenti dei primi coloni boeri e la popolazione nera indigena sono il tema dominante della narrazione. In particolare buona parte degli indigeni cerca di occupare (da squatters) le ampie zone di territorio possedute dai bianchi, e questo crea conflitti che spesso terminano in omicidi su cui la polizia trascura le indagini. In questo clima di conflittualità Vera Stark, la protagonista, vice-direttrice di un centro di assistenza legale, elabora strategie per la restituzione delle terre alla popolazione indigena e per salvarla da trasferimenti sforzati. Non mancano quindi minacce di morte a lei e al suo team da parte dell’estrema destra restia a ogni concessione ai nativi. Vera stessa è ferita a una gamba in un attentato e il suo assistente nero Oupa Sejacke colpito al petto. Alla coppia Vera-Bennet (il marito) si associano Sibongile e Didymus Maqoma, membri della popolazione locale, rientrati in patria dopo un lungo esilio. Siamo ancora in clima di piena apartheid, che resterà in vigore fino al 1993. Il romanzo termina in inverno, quasi a sottolineare la durezza del clima socio-politico che aleggia sul racconto, con un’immagine eloquente: “tutto era spoglio, non una foglia era rimasta sulla liscia superficie dei rami, sugli arbusti simili a un intrico di filo spinato, sulle fronde secche delle palme, rigide come dita”. Non è un romanzo con una soluzione finale, ma un “open end” in cui vediamo Vera, in solitudine, che vaga per la campagna dove “una striscia di ghiaccio frantumato scintillava alla luce e le stelle l’accecavano”. C’è un buon impegno civile e introspezione psicologica dei personaggi in questo racconto, anche se la trama è un po’ ondivaga e la lettura del racconto molto impegnativa.
No, non decolla questo romanzo della Gordimer. Rimane greve, lento, perfino confuso. Aldilà della storia, delle storie, degli ambienti e della collocazione spaziotemporale ben nota, sono i personaggi a mancare di tono, di spessore, addirittura di credibilità, dalla protagonista in giù (il discorso di Vera alla figlia che esprime gusti sessuali alternativi è addirittura strabiliante, da quanto è banale!
Interessante per l'ambientazione storica, il sud africa prima della presidenza di Nelson Mandela, ma lo stile di scrittura è poco coinvolgente. Per ambi tratti la narrazione langue Alcuni passaggi riescono a coinvolgere il lettore.
Recensioni
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