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Anno edizione: 2014
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Uno dei libri più intelligenti, a mia conoscenza, della moderna Neuromania, applicata ad uno dei punti più sensibili della percezione/ricezione/obliterazione: l’estetica. La lettura del libro dovrebbe interessare ampiamente la storia e la critica dell’arte, ma su questo aspetto sarà come acqua fresca - le maggiori resistenze da una parte e dall’altra vengono - guarda un po’- dalla Gestalttheorie e dalla Iconologia e dallo loro Vulgata… Proprio per l’alta qualità del saggio farei qualche appunto relativo a un eccesso di accanimento su Zeki che è il più umanista oltre che l’inventore della “neuroestetica”, circa anche la sequenzialità colore/movimento/forma che diventa un simpateticissimo rovesciamento delle teorie della Gestalt. C’è una ipervalutazione di Ramachandran che mi pare semplicemente immaturo davanti ad alcuni fondamenti storico-tecnici delle arti. Curiosa e interessante l’analisi invece di John Onians (classe 1942) per una moderna (e forse ingenua) Neuroarthistory che diventa la concreta possibilità di fare storia delle arti solo da chi ha vissuto cronologicamente l’arco di esperienza di cui parla. Ogni storia plausibile ha un assetto necessariamente contemporaneo a chi scrive, legge, vede e sente, diventando lui stesso artista? Da questo punto di vista infatti non possiamo che sentirci tutti onianisti. Sono d’accordo con l’autrice che una nuova serie di storie neuroestetiche dovrebbe partire da Leonardo, manca ancora in Italia una completa e sequenziale redazione di tutti i suoi codici. Il Codice da Vinci sarebbe dunque la chiave di una nuova storia delle arti, oltre a Vico e ai più recenti Riegl, Gombrich e Freedberg…Sicuramente. Mi manca che Chiara Cappelletto abbia nella sua specialissima analisi “evitato” Cesare Lombroso. Il suo Genio e Follia (1864) ha bisogno forse di essere sdoganato? - perché non c’è nulla di criminale a scrivere come Salgari e Karl Marx.
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