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Nobili e nobiltà nell'Italia unita - G. Carlo Jocteau - copertina
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Nobili e nobiltà nell'Italia unita - G. Carlo Jocteau - copertina

Descrizione


«Prima e dopo l'unificazione non è dato [...] di ritrovare una nobiltà italiana, seppure, come ovunque, stratificata al suo interno. Ne esistono invece diverse, definite dalle varie estrazioni statuali o comunali del passato, con tradizioni irriducibili, ruoli sociali ed economici estremamente differenziati e soprattutto non legate fra loro da un'identità nazionale condivisa» (dalla Premessa).
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Dettagli

1997
28 marzo 1997
302 p.
9788842052142

Voce della critica


recensione di Lay, A., L'Indice 1997, n.11

Quale ruolo ha avuto nell'Italia unita la nobiltà? quali sono stati i mutamenti in un periodo relativamente lungo? e, prima ancora: si può pensare che "le rivoluzioni borghesi e liberali non abbiano repentinamente cancellato le aristocrazie dalla scena del potere, della ricchezza e del prestigio"? Muovendo da quella che ritiene una "intelligente provocazione storiografica" di Arno Mayer, Gian Carlo Jocteau si pone queste come domande centrali nella sua importante ricerca. Provocazione appunto, e solo questa, perché l'autore di" Nobili e nobiltà nell'Italia unita "non segue tutto l'itinerario di Mayer fino alle conclusioni che l'Antico Regime si esaurì solo con la prima guerra mondiale. Nella sua storia si legge invece che la fine delle monarchie assolute portò con sé compiti e immagini tradizionali della nobiltà, cioè una buona fetta di potere; ma si legge anche che non ne oscurò la forte capacità evocativa e con essa la possibilità di rigenerarsi; questo non bastava però a ridisegnarne un profilo incisivo e quindi uno spazio e un ruolo definito ed egemone di classe dirigente. Tuttavia l'aristocrazia, o per lo meno certe aristocrazie, mantennero almeno per tutto il secolo XIX parti non così irrilevanti di potere.
Altri interrogativi non marginali nascono nella ricerca via via che l'autore affronta documenti, numeri e letteratura: per esempio, quali le differenze nei caratteri e nelle fortune della nobiltà a seconda delle aree territoriali? quali le figure sociali che emergevano nel periodo 1923-46, in cui più intenso fu il fenomeno delle nuove nobilitazioni? Perché si tratta di un libro composito e complesso, una storia ricca di contrasti e di frammentazioni, sconcertanti soprattutto nella dimensione e nei caratteri per chi fosse tentato di pensare la nobiltà italiana come un blocco sociale relativamente uniforme.
Jocteau risponde a quegli interrogativi impostando la ricerca su tre filoni in modo non strettamente sincronico; questa scelta non cancella tuttavia l'unità del racconto e offre nello stesso tempo un quadro dinamico dell'aristocrazia postunitaria. Le pagine che riguardano le diverse "figure sociali" della nuova nobiltà e le aree sociali nelle quali essa si muove fanno emergere con immediatezza aspetti di permanenza e altri di innovazione: per esempio l'alta percentuale di nuovi nobili impegnati nell'industria e contemporaneamente quella assai più bassa, ma non irrilevante, di militari.
Ma la presenza di continuità e di rotture non costituisce per la nobiltà italiana un fenomeno omogeneo nel territorio. Le molte facce di questa aristocrazia si spiegano anche con il suo accentuato e persistente regionalismo. In tutto il periodo preso in esame il patriziato mostra infatti interesse attivo per le cariche nelle istituzioni locali. E infine l'ultima, ma non meno consistente, parte di questo libro: la letteratura che parla di nobiltà, anch'essa attenta alle diverse realtà sociali regionali e alle loro particolari aristocrazie; essa costituisce un veicolo importante di idee nella formazione di un'opinione pubblica, che può trasformarsi in garanzia di conservazione e di nuova egemonia.

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