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. Recalcati commenta passi di Vangeli come se parlasse di eventi reali e considerando attendibile ciò che è stato tramandato dalla Chiesa, senza metterlo in dubbio e senza sottoporre ad esame razionale possibili incongruenze. I versetti sull'agonia di Gesù al Getsemani e gocce di sangue nel sudore sono considerati da vari studiosi come aggiunte apportate nel II e III secolo per contrastare "eresie" su un Gesù solo divino. Nei Vangeli canonici Gesù è presentato come qualcuno che conoscesse il futuro e perciò avrebbe saputo che dopo alcune ore di sofferenza avrebbe trascorso l'eternità in Paradiso. Anche postulando che fosse un uomo, non sarebbe stato un uomo qualsiasi che potesse dubitare dell'esistenza di Dio. Secondo la dottrina di quasi tutte le denominazioni cristiane Gesù è anche Dio: stava quindi pregando una Persona di Se stesso? Essendo Gesù Dio e uomo conosceva il proprio futuro di Resurrezione e assunzione in Cielo. La sua condizione sarebbe stata molto meno drammatica di quella di diverse persone che in epoche diverse sono state torturate, sapevano che quasi sicuramente sarebbero state uccise e non credevano in una vita ultraterrena o ne dubitavano. Il dramma di Gesù, divino Figlio di Dio sarebbe stato quello di soffrire qualche ora prima e durante la crocefissione? Temeva il dolore fisico pur sapendo che sarebbe stata una breve parentesi in un'eternità di beatitudine? Gesù sperimentava il silenzio di Dio dopo una preghiera? Ma da cosa lo ricava Recalcati? Dio padre cosa avrebbe dovuto rispondergli? Non c'era un piano approvato da Gesù, Figlio della Trinità divina? Recalcati potrebbe immaginare che Gesù non conoscesse il futuro, ci siano state aggiunte non veritiere nei testi dei Vangeli canonici, e Gesù avesse sperimentato il crollo delle illusioni e l'inesistenza o l'indifferenza di Dio. Ma Recalcati sembra un cristiano. Si può leggere "Processo e morte di Gesù : un punto di vista ebraico" di Chaim Cohn e "Gesù non l'ha mai detto ... di Ehrman.
Recalcati dà una lettura a mio parere impeccabile di questo episodio del vangelo.
"Nella notte del Getsemani Gesù appare nella sua più radicale umanità (...) Questa notte non è la notte di Dio, ma la notte dell'uomo (...) Non ci sono chiodi, fruste, corone spinate, percosse, ma solo la pesantezza di una notte che non finisce mai, la solitudine inerme e smarrita dell'esistenza che vive l'esperienza del tradimento e dell'abbandono." (p. VII) "(...) la lezione del Getsemani incontra ai miei occhi quella della psicoanalisi: coincidere con il proprio destino, decidere di consegnarsi alla propria storia (...) assumere l'alterità della Legge che ci abita; assumere la nostra condizione di mancanza non come afflizione, ma come incontro con quello che più siamo." (p. IX) In queste due citazioni dall'"Introduzione" (pp. VII-IX) sono presenti quelli che a mio avviso sono i quattro nodi tematici principali di questo breve saggio di Massimo Recalcati, che rielabora una conferenza tenuta nel 2017 dall'autore presso il Monastero di Bose: alcune belle riflessioni sulla natura umana di Gesù, ciò che lo rende più "credibile" di ogni altra divinità; un'analisi puntuale sui concetti di "tradimento" (Giuda) e di "abbandono" (Pietro), unita ad alcune considerazioni sulla relazione tra maestro e allievo; un lungo (forse troppo) indugio sull'opportunità di "coincidere con il proprio destino", una tematica cara all'autore nella quale tuttavia fatico a non vedere una visione troppo rinunciataria dell'esistenza (chissà perché mi viene in mente il verso "e onora anche il loro bastone" di De André...). Nel complesso, dunque, una lettura sicuramente stimolante, ma che, come già in altri casi di letture dello stesso autore, mi lascia l'amaro in bocca di uno stile non di rado inutilmente contorto (si veda a tale proposito la bella parodia di Maurizio Crozza...) e di una visione del mondo fin troppo pacificata. "Un resto del cielo che cade a terra, un residuo della presenza dissolta del grande Altro." (p. 78)
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