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Anno edizione: 2016
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un libro di una noia mortale, scritto in modo pedante, una vicenda che forse tolto l'interessato (se sono le sue memorie) non si capisce a chi potrebbe interessare
Non và al di là del suo piccolo mondo di Bologna. Ma come lo fa bene...
Lo stabile cadente e abbandonato di via del Pratello, a Bologna, ai numeri civici 76 e 78 diviene una realtà brulicante di vita e di umori nel momento in cui viene occupato, in un primo tempo dal protagonista e dagli amici Leo e Rigoni, e infine, sparsasi la voce, da altri sbandati provenienti un po' da ogni parte, perfino dalla Sardegna e da fuori Italia: un'umanità ai margini, che nel vicino Bar di Lele ha un punto di ritrovo e di riferimento. Spesso alcuni scompaiono e non se ne sa più niente. Poi all'improvviso rieccoli al bar, quasi sempre mutati nell'aspetto, provati chissà da quale altra terribile esperienza. La storia si nutre di questi ricordi del protagonista, un musicista come lo è l'autore, rievocati come un amarcord e accompagnati da una scrittura che dopo i primi assestamenti se ne scorre via in modo assai piacevole. Scrive l'io narrante, che si chiama Mimì: "Rievoco questi anni trascorsi insieme, ben sapendo che non può essere l'affetto, né la compassione che mi spinge a farlo, ma qualcosa di cui non riesco a capire esattamente il motivo. Forse è il terrore di vedere le cose marcire." Così, a poco a poco, viene componendosi una galleria di personaggi segnati da paure, menomazioni della mente e dell'anima, frustrazioni, ossessioni. Una specie di corte dei miracoli che sopravvive alla durezza della sorte con furbizie, sotterfugi, truffe, piccole violenze, sogni e, in realtà, si chiude e si sfinisce nei suoi tormenti. Pietro Zaccardi è un randagio che con un'Ape si guadagna la vita facendo sgomberi, e il suo terrore è quello di trovarsi un giorno derubato del suo gruzzolo nascosto, Leo teme la solitudine e si mette in testa di fare di Mimì un personaggio capace di emergere da quel fango, allo scopo di tenerlo sempre legato a sé, Mauro Rigoni raggira il prossimo tutte le volte che gliene capita l'occasione. La scrittura cresce, si arricchisce di plasticità, disegna fisionomie che diventano palpabili anche nei personaggi minori, come il ricco Nini, amico un tempo di Rigoni; il pianista del "Cabalà"
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