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Questo romanzo racconta la vita di Dino Campana, il poeta pazzo. Con una valigia di documenti, lettere, interviste e domande, Vassalli compone un quadro da far sfumare ai bordi, quando serve l'immaginare del narratore. Perché, annota, se Dino non fosse esistito, dalla sua penna sarebbe comunque emersa la meraviglia e la mostruosità di un tale personaggio.
«Il personaggio di Dino Campana è quello che ha impegnato la sua energia intelletuale e creativa più di qualunque altro, prolungando la propria presenza in libri successivi» - Paolo Di Stefano, La Lettura
Il romanzo verità sulla vita di Dino Campana torna in libreria in una nuova edizione, con in appendice il racconto Marradi.
«La notte della cometa» è il libro della svolta di Sebastiano Vassalli verso il "romanzo storico" e il personaggio di Dino Campana è quello che ha impegnato la sua energia intellettuale e creativa più di qualunque altro. Nella fase preparatoria del suo "romanzo-verità", Vassalli agisce da storico per un verso, frequentando archivi e biblioteche, e per l'altro si comporta da giornalista di reportage o d'inchiesta viaggiando, annotando, raccogliendo testimonianze scritte e orali. Ma nell'atto della scrittura Vassalli non teme di colmare con l'immaginazione i vuoti e le lacune di una biografia dalle ampie zone oscure. Nel ricordare il suo primo approccio giovanile ai «Canti Orfici», Vassalli ammette di non aver «mai creduto, nemmeno per un attimo, nella favola del "poeta pazzo"». È da qui che parte, per narrare la storia di un "demente" (tra virgolette) perseguitato dalla famiglia, dalla sua cittadina, dalla comunità scientifica, dalle autorità di polizia, infine dalla società letteraria: la vicenda del poeta vittima designata di una congiura. Come dice Vassalli: «Ma se anche Dino non fosse esistito io ugualmente avrei scritto questa storia e avrei inventato quest'uomo meraviglioso e "mostruoso", ne sono assolutamente certo. L'avrei inventato così». Perché l'avrebbe inventato proprio così? Perché in tutta "evidenza" il Babbo Matto è, con il Sebastiano de «L'oro del mondo», il personaggio più autobiografico tra i tanti che Vassalli ha narrato, per questo non avrebbe potuto che raccontarlo così e per questo non se n'è mai liberato. (Paolo Di Stefano)
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"Nel dubbio, gli psichiatri condannano: seguendo l'aureo principio che un sano in manicomio non danneggia nessuno, mentre un demente dimesso è sempre un rischio per il medico che dovrà rendere ragione dei suoi eventuali misfatti..."
Biografia romanzata del poeta Dino Campana raccontata dal grande Sebastiano Vassalli che nel settembre del 1983 giunge a Marradi, paese di Campana, e da una stanza del Ristorante Albergo Lamone, forse la stessa che nel dicembre 1916 ospitò il poeta e la sua amata Sibilla Aleramo, chissà, inizia la sua storia. Una storia che si sviluppa attraverso la vita di Campana, le sue opere, le sue lettere e un ricco apparato di documenti legali e medici che lo riguardano, nel mezzo il passaggio di una cometa, la Cometa di Halley, che sorvolo' la Terra nella notte tra il 18 e il 19 maggio 1910 e che, nella complicata armonia dell'Universo, il nostro narratore considera segretamente legata alla poesia degli uomini. Un libro consigliato agli estimatori di Campana, a quelli di Vassalli e agli amanti delle biografie e dei romanzi storici.
La narrazione di Vassalli è talmente asciutta e impersonale da lasciare tutto lo spazio a Dino Campana, concentrando solo nell'ultimo racconto "Natale a Marradi" i particolari della sua iniziativa. Per essersi eclissato in questo modo lo ringrazio, perché ogni singola parola è stata pensata solo per lui e andata esclusivamente a lui, ristabilendo verità soffocate dalla "leggenda Campana". Con i Canti Orfici che sapientemente puntellano e supportano qua e là questo viaggio nella follia (soprattutto altrui), leggere la vita e gradualmente avvicinarsi alla poesia di Campana, è stato più toccante che mai; ha suscitato tenerezza ed empatia, ma anche rabbia. Essere bollati, marchiati come “dementi” fin dall'infanzia per ereditarietà e solo perché più sensibili, più fragili e diversi nell'approccio con il mondo; senza appello giudicati infami e reietti, tanto da ritrovarcisi fino a convincersi di essere davvero 'sbagliati', porta immancabilmente a vivere una vita fatta di tenebra, di angoscia e, alla fine, di pazzia vera: lo avevano sempre voluto pazzo?, e lui pazzo lo era diventato davvero. «Non c'è posto per me nel perfezionato congegno della società: sono il pezzo difettoso che l'operaio scarta. Il polline che non attecchisce e fa tappeto nei boschi.» La vera infamia, la vera follia è questa; queste sono la vergogna e la responsabilità dalle quali una madre aguzzina dovrebbe essere schiacciata; con questo mea culpa una società arcaica e ottusa dovrebbe battersi il petto per non aver riconosciuto un'anima bella del suo tempo e averla annientata. «Allora fuggíi sui miei monti, sempre bestialmente perseguitato e insultato e scrissi in qualche mese i canti Orfici includendo cose già fatte. Dovevano essere la giustificazione della mia vita perché io ero fuori della legge, prima che finissi di morire assassinato con la complicità del governo, in barba lo Statuto.»
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