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Moltissimi i temi e le suggestioni di questo libro: una riflessione storica e culturale sull’ultimo decennio del XIX secolo e sul primo del XX, con degli ‘sfondamenti’ a parte ante (l’inaugurazione del canale di Suez nel novembre 1869) e a parte post (l’inizio della Prima guerra mondiale e l’omicidio prima di W. Rathenau e poi di R. Hilferding). Il centro del libro sembra raccogliersi attorno all’incapacità politica e anche, per certi aspetti culturale, di dare concretezza alla forte esigenza di rinnovamento che i tempi già allora richiedevano al giovane Stato unitario. Il fascino per l’esotico, Salgari, Verne, la “Butterfly” di Puccini, ossia quella che Villari chiama efficacemente la “cultura della fuga” (o la “grande industria del vuoto” per dirla con Croce), a tutto ciò fanno da contraltare eventi come lo scandalo della Banca Romana o la repressione dei moti milanesi del 1898 da parte di Bava Beccaris o la “Pascendi Dominici Gregis” di Pio X contro il Modernismo. A proposito di questo misto di forti novità e atteggiamenti non poco reazionari, si facevano in ogni caso sentire allora alcune parole – come la necessità, da parte dell’Italia, di “rifarsi da capo nell'intima sua essenza morale” di cui parla G. Fortunato nell'ottobre del 1900, o le critiche ai “leopardiani annoiati” di Antonio Labriola, o le preziose notazioni di Maffeo Pantaleoni sulla “paura borghese” per qualunque riforma sociale e sulla speculare “speranza esultante” di molti socialisti – che sembrerebbero essere anche oggi non poco significative per la comprensione di una parte rilevante della storia d’Italia.
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