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La sua breve durata potrebbe indurre a sottovalutarne l'importanza. In realtà, "La Nuova Europa" fu un quotidiano capace di suscitare grande interesse fra i contemporanei e meritevole, per questo motivo ma non solo, di un'attenta analisi storiografica. Nell'acceso dibattito postunitario, "La Nuova Europa" si incaricò di rappresentare quel radicalismo che trovava allora piena espressione nel partito azionista. Il giornale ebbe sede a Firenze, certo non casualmente: in quegli anni, come è noto, la città toscana fu crocevia di intellettuali e politici che si interrogarono, da varie angolazioni e con differenti esiti, sul costituendo Regno d'Italia. Il quotidiano fiorentino vantò promotori, redattori e collaboratori del calibro di Giuseppe Mazzoni, Agostino Bertani, Giuseppe Dolfi, Giuseppe Bandi e Niccolò Lo Savio. Sotto l'iniziale direzione di Giuseppe Montanelli, "La Nuova Europa" coltivò l'obiettivo tanto ambizioso da rivelarsi infine velleitario di chiamare a raccolta, intorno alle effigi politiche e morali di Mazzini e Garibaldi, tutte le anime che componevano lo screziato movimento democratico. Tribuna aperta al confronto sulla fisionomia da attribuire al nascente stato italiano, il giornale proiettò mazzinianamente i temi nazionali sul quadro continentale, senza peraltro sottrarsi a incursioni oltreoceano, esemplificate dalla serie di articoli dedicata alla guerra civile americana. Il progetto naufragò all'indomani dell'Aspromonte. Dalla lacerazione prodotta dallo sventurato tentativo garibaldino conseguì il passaggio di consegne, alla guida del quotidiano, fra Montanelli e Alberto Mario. Mentre quest'ultimo prese le distanze da Mazzini per accostarsi alle posizioni di Cattaneo, il Partito d'azione si sgretolò e, con esso, anche il cemento ideale che aveva fin lì armato "La Nuova Europa".
Roberto Giulianelli
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