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Anno edizione: 2021
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Una storia dall'andamento circolare, un triangolo amoroso della cui esistenza non siamo mai certi.
«Un romanzo che permette finalmente di riscoprire Juan José Saer, tra gli autori latinoamericani più difficili da catalogare. Emarginato e quindi unico» - Luciano Funetta, Robinson
«L'occasione dello scrittore argentino Juan José Saer, pubblicato nel 1988, è un affresco dell'inconoscibile, della fatica di trascinarsi dietro un passato che da troppo tempo ha cominciato a perdere pezzi.» - Romana Petri, la Lettura
Bianco, un occultista dalle origini misteriose, abbandona precipitosamente Parigi dopo aver subito una vergognosa umiliazione pubblica. Perseguitato da quella che lui chiama "la cospirazione dei positivisti", lascia l'Europa e fa rotta verso l'Argentina, rifugiandosi in una remota località della pampa. In quel lontano paese, conosce un rispettato e facoltoso medico, il dottor Garay López, e incontra una giovane donna, Gina, che sposerà poco dopo. Ma un giorno, di ritorno a casa dal rancho che ha scelto come luogo di ritiro, sorprende Gina e López in salotto che discutono e nota, o gli sembra di cogliere nello sguardo di sua moglie un'espressione di piacere, e nel sorriso del suo amico un qualcosa di malevolo. Bianco sprofonda così in un delirio di dubbi e gelosia, amplificato da una natura violenta e sconfinata che non pone limiti alla sua follia. Le passioni febbrili di questi tre personaggi ci trascinano in una storia dall'andamento circolare e in un triangolo amoroso della cui esistenza non siamo mai certi.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Bianco (non di pelo, poiché ha i capelli rossi) sensitivo e occultista di Parigi, stanco delle lotte con i positivisti (siamo attorno al 1880) si trasferisce in Argentina, dove incontra il Dr. Garay López, facoltoso medico, che lo introduce sul territorio e con cui instaura una salda amicizia. Conosce pure una giovane donna, Gina, di cui s’innamora e che sposerà di lì a poco. Abbandonato l’occultismo (che comunque cerca di praticare con Gina, forse solo per finta), acquista terreni nella pampa e avvia un allevamento di bestiame con cui spera di arricchirsi. Le cose però si guastano quando, di ritorno da un’ispezione dei suoi possedimenti, trova Garay e Gina, a casa sua, in atteggiamenti quasi intimi. Si scatena un moto di gelosia che lo perseguiterà per tutto il racconto: i due sono amanti o no? Si tormenta, si arrovella, ma non riuscirà mai ad avere un confronto diretto né con Garay né con Gina per cui il dubbio (non cartesiano, forse amletico) non lo abbandonerà mai. Trovo non pochi problemi in questo romanzo, legati ai personaggi. Gina anzitutto: ha la stessa sensibilità e acume intellettuale di una bambola di pezza. Anche Garay e Bianco non si salvano: non c’è tra i due un’esplosione di gelosia che porti a una tragedia. Penso a Cavalleria Rusticana: Alfio e Turidddu, dove siete? O se volete al Moro di Venezia, così sapientemente illustrato da Shakespeare. In realtà sembra che ai due non importi nulla alla fin fine e, quando si ritrovano, pensino solo all’allevamento di bestiame, al filo spinato per cintare i pascoli ed altre banalità. C’è ben poco succo in questo romanzo, che l’autore stesso non sa come terminare. Così, per concludere, s’inventa un’epidemia di peste, che almeno il Manzoni ha raccontato in maniera superba nei suoi Promessi Sposi (Milano e Lombardia, 1630), per non parlare di Albert Camus e della sua famigerata peste nella città algerina di Orano. Ben altri tempi e ben altri autori …
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