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Frutto di una tesi di dottorato discussa presso l'Università di Genova su documentazione proveniente soprattutto dall'Archivio di Stato locale, il libro, sottolinea Antonio Gibelli nella prefazione, si inserisce nel "rinnovato interesse intorno al tema classico del rapporto tra la Grande Guerra e il fascismo". Un primo nodo affrontato dal lavoro è "l'idea secondo cui è proprio nel cuore dell'esperienza di guerra (
) che si può cogliere l'incubazione delle tendenze eversive destinate a prendere forma e ad affermarsi negli anni venti". Secondo nodo decisivo, la violenza. Una violenza intesa sulle orme di un'ampia letteratura che va da Jonathan Dunnage, a Emilio Gentile, Giulia Albanese e Fabio Fabbri come elemento non accessorio, ma costitutivo, dapprima del nascente movimento e poi del partito fascista. Di questo elemento l'autore ricostruisce con attenzione i contorni nel caso genovese, in particolare nel secondo capitolo, intitolato L'epoca dello squadrismo, che si apre sul "connubio", che matura tra la metà del 1920 e il 1921, "tra capi fascisti e armatori genovesi". Di qui il libro trascorre al terzo nodo, relativo alla "progressiva eliminazione di concorrenti (
) frutto di uno scontro politico interno assai complesso di generazioni, di opzioni, di referenti sociali e di sostenitori". Alimentano questo scontro "antinomie e (
) intrecci tra ambienti amatoriali e industriali, tra ambienti vicini all'Ansaldo e gruppi concorrenti", cioè gli Odero-Piaggio. Una pagina di storia d'impresa, questa, che merita sicuramente approfondimenti.
Ferdinando Fasce
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