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Non smette un solo giorno di battere il paese col suo soffio impetuoso, il vento che viene dal mare. Allo stesso modo, non ha smesso un solo giorno di pensare a lui, da quel loro primo incontro quando lei, Nina, era ancora una bambina selvatica. Ora però è diventata una donna, la moglie di un prefetto perfino, ma quegli occhi mobili e vibranti di Gabriele non li ha dimenticati. Un passato che sembrava chiuso per sempre proietta la sua ombra su di un presente superficialmente felice, pieno di crepe di separazione. Una favola dagli accenti puskiniani che unisce la morale fiabesca ad una narrazione animista.
Quando il passato torna prepotente va affrontato con decisione, senza indulgere alla compassione...
Il paese del vento, parziale autobiografia, rivela una Grazia Deledda capace di scrivere di intimità con una raffinatezza e delicatezza che riscontriamo solo in certi grandi autori di lingua inglese. In pratica, nel viaggio di nozze che la porta con il marito in un ameno luogo di villeggiatura che si presume sardo anche se imprecisato, lei ritrova in un villeggiante malato di tubercolosi all’ultimo stadio, ospite in una villetta vicina, un giovane, figlio di un notaio in rapporti con la sua famiglia, ospitato anni prima in casa sua e con il quale era nato un sodalizio spirituale che a definirlo amore è un’esagerazione, ma che si era concretizzato in una infatuazione che in lei, giovinetta acerba, era apparsa cosa grandiosa, ma che poi altro non era che una pudica attrazione. Poi il giovane se n’era andato per studiare medicina a Monaco di Baviera e di lui non si erano avute più notizie, salvo ora ritrovarlo morente. Ancora c’è un fuocherello sotto le brace ed è logico attendersi un incontro chiarificatore fra la sposina e l’amico ritrovato, con il marito, giustamente geloso, che ha subdorato qualcosa. Ma il miracolo di anni prima, la scintilla che era scoccata non si ripete, con lui avido di quella vita che sta perdendo, e non d’amore. L’incontro, burrascoso, vedrà fugata ogni possibilità di riprendere un filo interrotto, a maggior ragione per la morte di lui che avverrà da lì a poco. Non si può parlare di passione, ma di sentimento, quale quello che può aver provato una giovincella e di cui è rimasta una labile traccia per tanti anni, ora ritrovata; combattuta fra il non voler tradire il legittimo consorte e il desiderio di sapere se quello che credeva amore lo fosse per davvero, in una natura dominata dal vento che a giorni soffia impetuoso, Grazia esperimenta su di sé tutti i dubbi e le incertezze della situazione, e lo fa con una eleganza e una misura a dir poco encomiabili. Credo che Il paese del vento sia il più bel romanzo scritto da Grazia Deledda.
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