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Non so bene cosa dire rispetto a questo libro. Lontano anni luce da Oleandro bianco, la protagonista mi ha fatto ripetutamente cadere le braccia e spesso mi sembrava di leggere dei flussi di coscienza.
ho letto la recensione di elena:esprime parola per parola quello che avrei scritto io. 'Oleandro bianco' è uno dei miei libri del cuore. E , nel confronto, un pò di delusione c'è . anch eperchè l'autrice riprende tematiche epersonaggi che in qualche modo ricordano quelli del precedente libro. Rimane la maestria dell'autrice , soprattutto nel rendere certi ambienti, dal punto di vista descrittivo. M a, in generale, sono un pò delusa: le due protagoniste non hanno il fascino delle eccezionali donne di 'Oleandro bianco.'
Ho atteso 7 anni, dopo l'intenso e splendido Oleandro Bianco, di veder pubblicata un'altra opera di Janet Fitch. Il romanzo sembra una continuazione ideale del precedente, dove avevamo lasciato Astrid a ricostruirsi una vita dedicata all'arte assieme a Paul. Qui i protagonisti sono diversi, ma accomunati dagli stessi stili di vita e tormentati dai fantasmi del passato e dai loro conflitti irrisolti. Ci sono tutti gli ingredienti del romanzo precedente: il tema dell'arte come rappresentazione di una realtà ideale, diversa da quella vissuta; gli ambienti bohemien newyorkesi; la figura di una madre ingombrante, apparentemente forte eppure fragilissima e indurita dal dolore. Eppure è inevitabile, proprio per la ripetizione dei temi, confrontarlo con Oleandro Bianco. Il romanzo è scritto molto bene, ma la lettura stenta a decollare, la trama fatica un po'a coinvolgerti. E poi ci sono decisamente troppe parolacce all'inizio, che rischiano di appesantire e involgarire la storia. In ogni caso, il mio giudizio è positivo.
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