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Pur essendoci alla base una storia interessante, non mi é piaciuto, ho fatto fatica a finirlo.
Il solito meraviglioso Ballard: lucide visioni, futuri probabili, presenti angosciosi.
Il miglior romanzo della produzione ballardiana. Consigliato.
Recensioni
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Forse a seguito dell'interesse (e del clamore) suscitato all'uscita, nel 1996, del film Crash di David Cronenberg, si registra una accresciuta attenzione dell'editoria italiana verso James G. Ballard. Quanto meno da parte di Baldini & Castoldi, che, dopo il recente Cocaine Nights e la riproposta in tascabile, nel 1998, di Il mondo sommerso (già tradotto da Mondadori con il titolo Deserto d'acqua), presenta ora Rushing to Paradise, col titolo Il paradiso del diavolo. "L'eco-civiltà è l'inferno en douceur del basso impero" scriveva, ormai più di una decina di anni fa, Jean Baudrillard: ed è un'esplorazione di questo inferno che Ballard, con quello sguardo lucido e fermo che ne ha fatto una delle voci più autorevoli della scena letteraria inglese contemporanea, ci offre con il suo romanzo. E, come sempre in Ballard, è la storia di una ossessione. Barbara Rafferty, ex medico radiato dall'albo per aver causato la morte di alcuni suoi anziani pazienti, si ricicla come ambientalista delle più radicali, impegnata, apparentemente, in una crociata in difesa degli albatros di un atollo del Pacifico minacciati dalla ripresa degli esperimenti nucleari francesi. Ad accompagnarla nella sua missione, completamente succube della dottoressa, c'è Nei, un adolescente inglese in cui si fondono fascinazione per gli esperimenti atomici e sensi di colpa per la recente morte del padre per radiazioni. Insieme a un eterogeneo gruppo di persone più meno interessate alla causa ambientalista, i due decidono di occupare l'atollo di Saint-Esprit. L'impresa, dopo le prime resistenze dei militari francesi, riesce, anche grazie al clamore suscitato dai media, e la Rafferty prende possesso dell'isola con l'intento di trasformarla in una riserva per tutte le specie minacciate d'estinzione. Ma la causa ecologista è per lei solo un paravento, e ben presto si scoprirà che la specie maggiormente minacciata d'estinzione, a Saint-Esprit, è l'uomo. Come per un curioso omaggio ai suoi trascorsi di scrittore di fantascienza, Ballard sembra prevedere il futuro: il romanzo è uscito in Inghilterra nel 1994, prima quindi dei fatti di Mururoa. Ma è una previsione di pochi anni (oltre che prevedibile: l'autore ha raccontato di aver preso spunto dall'affondamento quindici anni fa della Rainbow Warror, la nave di Green-peace, sempre da parte dei francesi, per difendere le loro basi nucleari), quasi a dirci che il futuro è morto, imploso nel presente. "Quando arriverà il Duemila noi consegneremo al nuovo millennio una piccola parte di questo terribile secolo, redenta e portata alla vita da noi. È un sogno meraviglioso". Ma Saint-Esprit è una postazione per test nucleari - come "Eniwetok e Bikini, luoghi sacri dell'immaginario del Ventesimo secolo" -, non è l'isola di Utopia. Attorno all'ormai deserta base militare, "Totem dimenticato dell'era nucleare", si arena ogni dimensione progettuale - "salvate gli albatros, salvate il XXI secolo!" -, e l'isolamento e il confronto con una natura profondamente aliena all'uomo fanno emergere la violenza che pervade la società contemporanea: non si esce dal Ventesimo secolo, e le ossessioni che lo pervadono, questa volta sotto una patina di buonismo ecologista, non possono che spingere verso l'esplosione di nevrosi e perversioni. I venti capitoli sono venti curve di una spirale in cui morte e sessualità sono inestricabilmente fuse, e che ha al suo centro la dottoressa Rafferty e la sua follia. James Graham Ballard nasce nel 1930 a Shanghai presso una famiglia agiata e colta. A seguito dell'occupazione giapponese della regione di Shanghai nel dicembre del 1942 viene internato nel campo di assembramento civili di Longhua, da dove uscirà a guerra finita nel '45. Tornato in Inghilterra intraprende gli studi medici, interessato alla psichiatria e alla psicoanalisi. Interrotti gli studi e dopo aver svolto vari lavori - tra cui quello di pilota della Raf -, decide di dedicarsi a tempo pieno alla letteratura. Il mondo sommerso - il suo primo romanzo - si svolge in un futuro non molto lontano in cui la quasi totalità della terra ferma viene sommersa dalle acque a seguito dell'innalzamento della temperatura globale. Foresta di cristallo (del 1966) - che insieme a Il mondo sommerso, Vento dal nulla (1962), e Terra bruciata (1965) completa la cosiddetta "quadrilogia delle catastrofi" (pubblicata in un volume di Mondadori del 1986) - è, invece, la storia della fascinazione di un uomo per i misteriosi cristalli che progressivamente ricoprono la superficie terrestre. A Ballard non interessa il repertorio sensazionalistico che certa fantascienza più tradizionale ha costruito intorno al tema della catastrofe; lo scrittore inglese è attento piuttosto a seguire le trasformazioni della psiche dei suoi personaggi causate dalla mutazione dell'ambiente. I protagonisti ballardiani non sono "eroi" o superuomini, non sono mai il motore della narrazione: al contrario quasi subiscono gli eventi e lentamente si abbandonano alle pulsioni del loro immaginario, in direzione di una regressione lungo la linea evolutiva (come nel Mondo sommerso) o verso la stasi, la sospensione del tempo, come in Foresta di cristallo. La fantascienza di Ballard non esplora, quindi, lo "spazio esterno" di pianeti lontani, ma lo "spazio interno" dell'inconscio; la catastrofe planetaria non è che il riverbero dell'"apocalisse psichica" dell'uomo di fronte ai vertiginosi cambiamenti della modernità. Questi romanzi e numerosi racconti fanno di Ballard il capofila della "New Wave" britannica degli anni sessanta, che intendeva rendere conto dell'influenza sull'uomo di scienza e tecnologia applicando alla fantascienza le tecniche proprie delle avanguardie. Gli anni settanta, che segnano per Ballard un progressivo allontanamento dalla fantascienza, si aprono con La mostra delle atrocità (1970; Bompiani, 1995), raccolta di racconti in cui si fa più serrato il confronto con le mutazioni dell'immaginario provocate dalla "colonizzazione dell'inconscio" da parte della società mediatica. Il protagonista, se ancora si può definire tale - nei vari frammenti che compongono il libro viene chiamato Traven, o Talbot, o Tallis - non è più che un luogo geometrico, un punto di incontro per una moltitudine di identità. I personaggi di Crash (1973; Bompiani, 1996), apparentemente sempre in movimento, in realtà si ripiegano su se stessi: la ricreazione idiota di incidenti d'auto di celebrità ha l'ossessiva ripetitività priva di senso della pornografia, tragica parodia di un rito primitivo di fusione tra soggetto e oggetto, organico e inorganico, esterno e interno. Sono personaggi alla disperata ricerca di un'identità - quel "biglietto che è esploso" attorno a cui, in quegli stessi anni, scriveva anche l'ammiratissimo William Burroughs - che permetta loro di sopravvivere in un mondo atomizzato. Del 1974 e 1975 sono rispettivamente Il condominio (Anabasi, 1994) e L'isola di cemento (Baldini & Castoldi, 1997). In tutte queste opere degli anni settanta la scrittura si fa ancora più densa e sperimentale, quasi claustrofobica come le vicende narrate, labirinti senza uscita in cui il tempo è sospeso su anonimi spazi urbani: autostrade, aeroporti, grattacieli. L'impero del sole (1984; Rizzoli, 1989) è il testo autobiografico col quale Ballard ritorna agli anni passati a Longhua, attraverso una scrittura tradizionale e controllata, quasi volesse tenere a distanza quegli avvenimenti ancora così presenti nella memoria. La gentilezza delle donne (1991; Rizzoli, 1992) prosegue il filo dei ricordi, addentrandosi negli anni successivi alla guerra. Sono romanzi che confermano la straordinaria capacità del Ballard degli anni ottanta e novanta di attraversare e ripensare i gene- Ma quello che più stupisce in questa varietà di forme è l'intima coerenza del percorso ballardiano e l'implacabile lucidità del suo sguardo, che hanno fatto delle sue opere un imprescindibile repertorio di ossessioni, nevrosi e mitologie del ventesimo secolo, la cui influenza sulle giovani generazioni di autori, non solo anglosassoni, è enorme.
recensioni di Guglieri, F. L'Indice del 1999, n. 04
ri: dall'autobiografia, appunto, a "thriller morali" quali Un gioco da bambini (1988; Anabasi, 1994) o Cocaine Nights (Baldini & Castoldi, 1997; cfr. "L'Indice", 1997, n.9).
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